Le biblioteche scolastiche, ma vale anche le biblioteche in generale, dovrebbero essere più che stanze piene di libri polverosi. Dovrebbero essere il vero centro culturale di ciascun istituto. Attualmente l’impianto fisico della scuola è incentrato esclusivamente sul gruppo classe. In Europa, invece, le classi hanno un proprio ruolo ben definito, pur senza avere un peso eccessivo. I confini disciplinari sono molto netti.
È difficile standardizzare gli interessi di lettura per il gruppo classe. La scuola funzionerebbe meglio se ci fosse la giusta attenzione per gli interessi personali di ogni singolo studente. Entra in gioco così la biblioteca scolastica, che diventa lo spazio del terzo tempo, lo spazio cioè degli approfondimenti personali.
Il ruolo della lettura va inteso come scoperta di se stessi e quindi dei propri interessi personali. La lettura implica il momento della concentrazione. La lettura ha un’ambivalenza – evasione e libertà – e favorisce un rapporto con la propria interiorità.
La lettura, nella maggior parte dei casi, è una forma privata e interiore: si legge da soli. Ma attenzione, non è un atto di solitudine. Anzi, contribuisce a creare un momento di connessione che mette in correlazione con il mondo. Non si può non parlare, dunque, dell’aspetto sociale e non solo personale della lettura. In questa ottica viene da chiedersi: quale sarà il futuro delle biblioteche?
Le nuove tecnologie stanno trasformando la comunicazione a livello globale. Le tendenze portano alla trasformazione anche fisica delle biblioteche. Bisogna adeguare, quindi, i linguaggi, anche espositivi delle biblioteche, invitando le comunità a essere il centro delle biblioteche. Bisogna intendere questi spazi fisici e digitali dedicati alla creazione della conoscenza. Uno spazio insomma di coinvolgimento collettivo degli studenti.
L’utente delle biblioteche non deve essere visto come fruitore passivo di un servizio, bensì come il membro di una comunità, un partner che contribuisce al miglioramento della biblioteca, un esperto con competenze specifiche. Questo atteggiamento favorirebbe un costante dialogo.
Si prenda come esempio le scuole finlandesi, le più avanzate d’Europa su questo aspetto. Gli istituti si concentrano sul fatto che esistano tempi, modi e luoghi. In particolare, danno grande importanza alla bellezza dei luoghi. Bisogna concentrasi sulla comunicazione, che sia smart, curare l’immagine, che sia il bello a fare da filo conduttore. In Italia, invece, il 10% delle scuole è privo di biblioteche scolastiche, nel 30% non c’è un vero e proprio referente. Il 23% ha i servizi aggiuntivi (prestito) ma mancano i referenti. Sarebbe bello che tutte le scuole usassero il motto “la nostra scuola non ha la biblioteca, la nostra scuola è la biblioteca”, facendo intendere quindi questo come luogo di formazione tramite strumenti non convenzionali, che vanno dal libro cartaceo al digitale, promuovendo una continua inclusione anche degli spazi.
Immaginiamola in un atrio sempre aperto, con una bacheca espressiva: sarebbe un’esperienza di informalità, con arredi altrettanto informali, capace di mettere a proprio agio i giovani lettori.