Di Giovanni Capezzuto IV D
Lettera a Cesare Beccaria
Una critica sociale sul sistema giudiziario e penale italiano
Caro Cesare, come stai? Com’è la situazione nel diciottesimo secolo? Qui la situazione è migliorata ma non siamo ancora riusciti a raggiungere quella giustizia civile e penale di cui parlavi. Pensa che, nonostante tu abbia dimostrato che la pena capitale è inefficiente, dannosa per la società e incompatibile con i diritti umani fondamentali, ancora in 58 paesi del mondo è presente la pena di morte e tra questi troviamo anche gli Stati Uniti D’America e la Cina, le due più grandi economie del globo, poi troviamo altri grandi paesi come l’India, la Nigeria e l’Arabia Saudita. Nei paesi dell’ Unione Europea fortunatamente la pena di morte è vietata ma nonostante ciò il pensiero giustizialista, che si contrappone al garantismo di cui tu sei padre fondatore, è radicalmente diffuso soprattutto in Italia, quel regno unificato che voi illuministi del Settecento sognavate. Nonostante la situazione delle carceri e del sistema giudiziario generale in Italia sia vergognosa, la costituzione garantisce la dignità dell’individuo e sottoscrive il fatto che la pena deve essere proporzionale al reato commesso e che deve tendere alla rieducazione del condannato e alla suo reinserimento nella società. Peccato che la realtà si scontri con questi principi fondamentali, infatti non si fa nulla per cercare di rieducare e di reinserire il condannato, in quanto mettere un individuo deviato in un ambiente tossico e fatiscente, come quello delle carceri italiane, in compagnia quasi esclusivamente di altri individui pericolosi, senza nessun reale percorso di reinserimento, non può certo renderlo una persona migliore e farlo diventare un membro attivo della società. Tu questo lo avevi già capito solo utilizzando la logica e il pensiero critico ma oggi ci sono ancora persone che non vogliono accettare questa realtà neanche avendo a disposizione i dati, i quali ci dicono che il tasso di recidiva è del 68%, ciò vuol dire che in pratica più di due detenuti su tre quando vengono scarcerati tornano a delinquere. È incredibile che nessuno parli di questi dati e di questo problema strutturale sociale, a parte qualche magistrato come Gerardo Colombo. Sono convinto che se tu vedessi con i tuoi occhi la situazione delle carceri e degli altri problemi del sistema giuridico italiano, ad esempio il fatto che la durata in media dei processi che arrivano al 3 grado di giudizio è di 7 anni e 5 mesi (cosa che va in netta contraddizione con il tuo principio dell’infallibilità della pena), ti metteresti le mani nei capelli. L’Italia che tu tanto hai desiderato è diventata un paese giustizialista che non vuole fare il bene dell’individuo e della società ma che vuole solamente punire chi ha sbagliato. Mi dispiace tanto.
Giovanni