Nel ‘900 l’intero sistema scolastico italiano fu rivoluzionato dalla riforma di Giovanni Gentile che propose un modello di scuola mirato a rendere la scuola un ambiente escludente. Lui stesso affermava chiaramente di voler ridurre la popolazione scolastica. Gentile prese in esame tutti coloro che avevano compiuto gli studi universitari con scarso interesse. Pertanto riteneva che per tali individui la scuola dovesse essere esclusiva. La riforma Gentile ha formato una società nella quale si veniva incasellati, indirizzati in un preciso “luogo” socio-economico. Ad esempio, tutti coloro che venivano indirizzati all’avviamento professionale erano esclusi a priori dall’università e privati dell’opportunità di decidere individualmente un futuro diverso, riducendo di fatto la mobilità sociale. Nelle scuole di avviamento professionale gli alunni venivano formati per ricoprire ruoli ben precisi all’interno della società che non portavano a grandi prospettive di benessere socio-economico. Da questa visione si discosta totalmente la figura di Antonio Gramsci secondo il quale l’ordine sociale e statale veniva introdotto tramite il lavoro e identificato nell’ordine naturale. Secondo il suo pensiero la scuola doveva permettere a tutti coloro che la frequentavano di sviluppare una concezione storica e dialettica del mondo, così da poter comprendere a pieno il funzionamento della società e del vivere in una società. Il punto di vista di Lombardo-Radice prevedeva che agli alunni venissero dati i mezzi per poter capire quelli che erano i loro interessi e i modi con cui poterli realizzare. Ancora oggi, nel sistema scolastico italiano, si pagano le gravi conseguenze dell’avere reso la scuola un ambiente volto ad escludere una determinata fetta della popolazione. Si può prendere ad esempio la considerazione che si ha di determinate scuole ad indirizzo tecnico e professionali. Secondo molti vengono ancora viste come le scuole dove vengono formati tutti coloro che non hanno le capacità o la volontà di studiare. All’interno dei licei molto spesso coloro che scelgono di frequentare il liceo artistico o quello delle scienze umane sono coloro che scelgono i “licei meno faticosi”, come se l’arte non rappresentasse l’espressione della cultura di tutti i popoli, come se la psicologia non studiasse il funzionamento della nostra mente, come se la pedagogia non fosse alla base di tutte le scuole che possono essere frequentate e come se la sociologia e l’antropologia non studiassero il funzionamento della società e il comportamento dell’uomo all’interno di quest’ultima. È necessario che tutte le scuole vengano riconosciute per ciò che sono, ovvero luoghi nei quali gli individui vengono formati per vivere in una società civile offrendo fattivamente il loro contributo per una crescita esponenziale in tutti i campi. La scuola deve essere vista come rappresentazione dei valori di una società. Ha un potere incredibile e questo potere deve essere fruttato a pieno. È lei che contribuisce a plasmare le menti, a insegnare il rispetto delle regole, a includere chi è diverso o fragile, a vivere in una società civile nel rispetto delle idee altrui e delle persone. La storia però ci insegna che questo potere può essere anche sfruttato nel modo più negativo possibile. Durante il ventennio fascista la scuola ha rappresentato il mezzo con il quale impartire un’ideologia politica ben precisa e ogni singolo dettaglio era curato minuziosamente perché i bambini venissero plasmati. Gli insegnanti, se volevano svolgere il proprio lavoro, erano costretti ad iscriversi al partito fascista, i testi scolastici erano intrisi di tutti i valori dell’ideologia fascista, i bambini dovevano fare attività come la marcia che rappresentava l’impegno attivo che i cittadini dovevano avere per la difesa dello stato. Tra i valori impartiti c’erano il nazionalismo, l’imperialismo, la fedeltà assoluta al regime e al Duce, la discriminazione verso gli altri popoli, in particolare gli ebrei che erano soggetti alle leggi raziali del 1938. Questo ha portato delle conseguenze che si ripercuotono ancora oggi nonostante la Costituzione italiana si basi sul principio dell’anti-fascismo. Ancora oggi alcuni sono figli dell’educazione fascista e quindi si dichiarano nostalgici del regime. Questa è la perfetta rappresentazione di come un’intera società può essere forgiata attraverso l’istituzione scolastica e ancora, a distanza di 100 anni, di come questa ideologia sia ancora presente in uno stato che ha ripudiato quest’ultima nella sua costituzione. Per questo motivo la scuola non dovrebbe in alcun modo essere influenzata da un’ideologia politica, ma dovrebbe insegnare ciò che il nostro Stato rappresenta in base ai valori che ha scelto di incarnare tramite la sua Costituzione. La scuola ha il dovere di rappresentare i valori del suo Stato, rimanendo distaccata da qualsiasi forma di ideologia politica volta ad imporsi sugli altri. La scuola non deve imporsi sulle menti che forma, ma deve dare loro gli strumenti per poter decidere che ideologia appoggiare in futuro. La scuola ha il dovere di indirizzare i ragazzi al rispetto della diversità, alla curiositas, alla formazione di un mondo migliore.