- 250 g di farina 0
- 170 ml di acqua tiepida
- 6 g di lievito di birra
- 3 g di sale
- 1 cucchiaino di zucchero semolato
- circa 20 olive nere snocciolate e tagliate a picco
Le pittule si preparavano tradizionalmente a San Martino o, in alcuni paesi, la vigilia della festa dell’Immacolata, ma sono buone tutto l’anno: ecco la storia e la ricetta tradizionale delle pittule salentine. Hanno diversi accenti, dal foggiano al barese, ma è di sicuro in Salento che le pettole (pittule in dialetto salentino) hanno trovato nel tempo la loro massima espressione. Meglio ancora se accompagnate da un buon bicchiere di vino novello!
Pittule: non solo a San Martino
Se da altre parti in regione si preparano alla vigilia di Natale (Foggia) o il giorno dell’Immacolata (Brindisi), nella parte estrema della Puglia questo piatto è tradizionalmente legato alla festa di San Martino, l’11 novembre, quando alla fine della fermentazione del mosto arriva in ogni casa il vino nuovo da bere in compagnia come buon auspicio per il futuro. Le pittule, però, è chiaro, si possono preparare e gustare in ogni periodo dell’anno. Alcuni ristoratori del posto le propongono come antipasto, spesso per accompagnare un bel piatto di cozze. Buone anche fredde, le pittule si possono inoltre gustare inzuppate nel miele, nel cotto di vino o di fichi o semplicemente ripassate nello zucchero, per colazione. Inoltre, rappresentano un ottimo accompagnamento con i fiori di zucca fritti, altra specialità salentina ereditata dalla cucina antica e tradizionale del territorio.
L’origine incerta delle pittule
In estrema sintesi, si tratta di piccole sfere di pasta lievitata molto morbida fritte in olio bollente. E oltre che in Puglia sono molto diffuse anche in Basilicata, Campania e Calabria. Quelle pugliesi, però, sono da qualche anno inserite nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (Pat) riconosciuti dal ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Come gran parte delle ricette tramandate di generazione in generazione, l’origine delle pittule è pressoché sconosciuta. Prepararle, però, è semplicissimo. Così come sono semplici gli ingredienti necessari: farina, lievito di birra, acqua, sale e olio di semi.
Ad ognuno le sue pittule
Per prepararle prima di tutto bisogna riscaldare mezzo litro di acqua in una pentola abbastanza capiente. Una parte dell’acqua, più o meno una tazzina, serve invece per sciogliere il lievito. E ne serve almeno per una decina di grammi. Dopo aver versato un po’ di acqua sulla farina (500 grammi), bisogna lavorare di gomito per impastare a mano. Poi si versa tutto in una pentola, sbattendo bene il composto al quale aggiungere di tanto in tanto altra acqua. Questa operazione deve durare almeno una decina di minuti, cioè fino a quando l’impasto non risulta molto morbido e appiccicoso, è pronto quando nell’impasto si notano le classiche bolle.
Successivamente si copre la pentola con un canovaccio o con un coperchio e si lascia lievitare il tutto in un luogo caldo per minimo un’ora. Viene riscaldato un bel po’ di olio per friggere e si versa dentro l’impasto a cucchiaiate oppure formando delle palline con le mani. Le pittule devono galleggiare nell’olio bollente, rigirate devono assumere un bel colore dorato uniforme, scolate su carta assorbente, possono essere servite caldissime. Come contorno o da sole.
La ricetta tradizionale può essere modificata e arricchita in base ai gusti. Si possono farcire in diversi modi: con pomodori pelati, capperi, origano e alici, baccalà, gamberi sgusciati, cime di rapa lesse, ricotta e olive nere. Ad ognuno le sue pittule.
RICETTA: