La paralisi del sonno, o ipnagogica, appartenente al gruppo delle parasonnie, è un’esperienza destabilizzante per chiunque la provi, ma non rara. Capita almeno una volta nella vita a circa il 40 % delle persone ma c’è chi, purtroppo, vive più di un episodio nella sua esistenza. Colpisce per la maggior parte coloro che hanno problemi di ansia, panico e depressione, e soprattutto la categoria degli studenti. Non è nient’altro che un malfunzionamento, un blocco che avviene nel momento del risveglio. In base alle informazioni fornite da diversi scienziati ed esperti, si tratterebbe di un “problema tecnico” che interessa la fase REM del sonno, durante la quale principalmente sogniamo, gli occhi si muovono e il resto del corpo è immobile. Ma si ha una paralisi del sonno quando, al risveglio, il momento in cui si prende coscienza non coincide con quello in cui ci si inizia a muovere. Si resta quindi paralizzati in uno stato di veglia in cui però si è dominati dalle allucinazioni, dalla paura e dalla difficoltà a respirare. La sensazione più comune è quella di percepire presenze minacciose e oscure nella stanza che, ad esempio, premono sul petto della persona impedendo a quest’ultima di respirare. In molti sono convinti di urlare o chiedere aiuto, ma durante lo stato di paralisi non ne sono in realtà capaci. La sensazione di terrore e angoscia è probabilmente dovuta ad un’iper-attivazione dell’amigdala, parte del cervello responsabile del controllo di ansia e paura. Di questi tempi conosciamo questo fenomeno in parte anche a livello scientifico, ma è stato sempre noto a popoli di diverse culture, e ne troviamo la testimonianza in miti sparsi in molte zone del mondo, come percezione di una presenza sinistra che tocchi o schiacci la persona. Ma c’è un lato positivo. La paralisi del sonno dura non più di 2-3 minuti e c’è chi riesce a uscirne avviando un sogno lucido in cui il soggetto si rende conto di sognare e di poter controllare il contenuto dell’esperienza.