-di Aldo Esposito, Valerio Licastro, Filippo Marasco, Nicolay Nigriello della I B
Le microplastiche sono quelle piccole particelle di plastica che inquinano i nostri
mari e oceani. Si chiamano così perché sono molto piccole e hanno un diametro
compreso in un intervallo di grandezza che va dai 330 micrometri ai 5 millimetri.
La loro pericolosità per la salute dell’uomo e dell’ambiente è dimostrata da diversi
studi scientifici, i danni più gravi si registrano soprattutto negli habitat marini ed
acquatici. Ciò avviene perché la plastica, per disciogliersi, impiega diversi anni e,
fintanto che è in acqua, può essere ingerita e accumulata nel corpo e nei tessuti di
molti organismi.
Esistono anche particelle più piccole che prendono il nome di nanoplastiche.
Purtroppo, date le loro minuscole dimensioni, sono impossibili da prendere con le
attrezzature oggi a disposizione. Di queste, dunque, sappiamo ancora poco.
Una volta in mare queste sostanze vengono ingerite dalla fauna arrivando addirittura
a modificare la catena alimentare. Il 15-20 per cento delle specie marine che
finiscono sulle nostre tavole contengono microplastiche secondo l’Ispra, mentre per i
ricercatori dell’Università nazionale d’Irlanda che hanno pescato nel mare del Nord i
pesci mesopelagici, che vivono tra i 200 e i 1.000 metri di profondità, la percentuale
salirebbe addirittura al 73 per cento.
Il pericolo è, dunque, anche per gli esseri umani: gli inquinanti rilasciati dalle
microplastiche possono essere ingerite causando danni gravissimi al nostro
organismo.
Negli anni Novanta il settore della cosmesi e i produttori di prodotti per il make-up
hanno cominciato a inserire“microsfere” nei detergenti per la pelle, nei dentifrici,
nelle creme da barba. A metà degli anni Duemila i controlli hanno ritrovato queste
microsfere di plastica in natura e nei sistemi idrici pubblici. Dunque sono finite
anche nell’acqua che sgorga dal rubinetto delle nostre case!
Anche le fibre dei tessuti sintetici sono una fonte significativa di microplastiche,
rinvenute nell’ambiente acquatico. Le fibre di plastica, come poliestere, acrilico e
poliammide, vengono “erose” attraverso i lavaggi in macchina e poi drenati nei
sistemi idrici.
Dal 2015 combattere l’inquinamento marino è uno degli obiettivi di sviluppo
sostenibile. Intanto sono diverse le leggi che ogni singolo stato ha introdotto per
risolvere il problema, come il divieto in America e nel Regno Unito di introdurre
volontariamente microplastiche nei cosmetici; in Italia è vietata la produzione di
cotton fioc non biodegradabili e sono stati introdotti sacchetti biodegradabili in tutte
le attività commerciali.
Certo la strada da percorrere è ancora lunga, tanti gli interventi da fare, ma è
assolutamente necessario prendere seri e provvedimenti per salvare il nostro pianeta
che è davvero in pericolo!