//L’Arca di Noè

L’Arca di Noè

di | 2018-11-20T12:17:26+01:00 20-11-2018 11:37|Alboscuole|0 Commenti
di classe 1^B – La storia dell’arca di Noè, uno dei brani dell‘Antico Testamento che più colpisce per lo scenario apocalittico da fine del mondo. Ma i redattori della Bibbia attinsero a un mito sumero. Ed è probabile che i Sumeri abbiano derivato, a loro volta, il racconto dell’arca da altre popolazioni ancor più antiche stanziatesi in Mesopotamia: dai figli del diluvio, coloro che tramandarono il ricordo di una terribile inondazione avvenuta intorno al 6700 a. C.. Quando il Mar Nero, in seguito allo scioglimento dei ghiacciai e all’innalzamento di livello dei mari, straripò, investendo con la violenza di uno tsunami i territori circostanti. L‘Antico Testamento racconta che l‘israelita Noè ricevette dal suo dio l’ordine di costruire un’arca, un’imbarcazione in cui avrebbe dovuto caricare la sua famiglia e tutti gli animali e gli uccelli, due di essi per ogni specie, uno maschio e uno femmina. Poiché Jahve intendeva punire l’umanità per i suoi peccati, scatenando un terribile diluvio che avrebbe spazzato via tutto dalla faccia della terra. Tutto, tranne Noè e la sua arca. Quella era l’ultima speranza per il genere umano. Soltanto Noè, il giusto, una volta cessato il diluvio, poteva riportare la vita sul pianeta distrutto.

NOÈ aveva moglie e tre figli. I figli si chiamavano Sem, Cam e Iafet. E ciascuno di questi figli aveva una moglie. Quindi la famiglia di Noè era composta da otto persone.

Ora Dio fece fare a Noè una cosa strana. Gli disse di costruire una grande arca. L’arca era grande come una nave, ma aveva la forma di una cassa alta e lunga. ‘Falla a tre piani’, disse Dio, ‘e dentro vi farai delle stanze’. Le stanze servivano per Noè e la sua famiglia, per gli animali e per il cibo necessario.

Poi Dio comandò a Noè di rivestire l’arca in modo che non vi penetrasse acqua. Dio disse: ‘Manderò un grande diluvio d’acqua e distruggerò il mondo intero. Chiunque non sarà nell’arca morirà’.

Noè e i suoi figli ubbidirono  e cominciarono a costruire. Ma gli altri ridevano e continuavano a essere cattivi. Nessuno credeva a Noè quando diceva loro ciò che Dio stava per fare.

Poiché l’arca era così grande, ci volle molto tempo per costruirla. Infine, dopo molti anni, fu terminata. Allora Dio disse a Noè di portare gli animali nell’arca. Di alcune specie di animali Dio disse di portarne dentro due, un maschio e una femmina. Ma di altre specie Dio disse a Noè di portarne sette. Disse anche di portare dentro tutte le diverse specie di uccelli. Noè fece esattamente come Dio aveva detto.

Poi anche Noè e la sua famiglia entrarono nell’arca. Allora Dio chiuse la porta. Dentro, Noè e la sua famiglia attendevano.Nel grande ventre dell’arca di Noè c’erano proprio tutti i rappresentanti degli animali. C’erano quelli belli e quelli brutti, quelli buoni e quelli cattivi, quelli utili e quelli inutili. Ma nessuno, davvero nessuno era brutto, cattivo o inutile agli occhi di Dio. Stavano tutti lì a farsi compagnia e calore. Avevano, per la verità, una grande fifa e – se non fosse stato per l’autorità di Noè – si sarebbero agitati moltissimo e chissà, forse, forse, avrebbero fatto rovesciare l’arca. L’arca stava giusto sulla cima dei monti più alti di quella zona, i monti dell’Ararat. Fuori c’era il diluvio. Un terribile diluvio. Era molto peggio che un’alluvione. Quando straripa un fiume e le sue acque fangose si rovesciano su terre e paesi, gli abitanti che stanno sulla cima dei tetti ad aspettare i soccorsi sanno che da qualche parte, poco più lontano, c’è la terra asciutta.Non fu così per il diluvio. Acqua e acqua da ogni parte, non c’era più niente di asciutto. Scendevano a secchiate le “acque superiori”, quelle che stavano sopra il cielo, e salivano da ogni parte con ondate spaventose le “acque inferiori”, dal grande oceano che sta attorno alla terra. Meno male che Dio, il Signore, aveva chiuso bene le porte dell’arca, con la sua mano, dal di fuori. Così dentro si stava bene all’asciutto. L’arca era una specie di nave, grande come un palazzo di allora. Per la precisione, secondo le nostre misure di oggi: 156 metri di lunghezza, 26 di larghezza e 15 di altezza. Nonostante fosse così piena, galleggiava sulle acque. Dentro era proprio ben ordinata: piano inferiore, piano medio e piano superiore. L’aveva costruita Noè, con grande fatica e con grande energia. Con grande fretta, anche, perché Dio gli aveva parlato. Tutti gli abitanti della terra lo avevano preso in giro: «Che cosa te ne fai di un così grande barcone?». «Ma sei matto? Che fai? Non vedi che qui attorno non c’è nessun mare?». Essi però non lo interrogavano davvero, erano solo molto sicuri che. . . Noè fosse matto.Noè, infatti, non era come “loro”. Gli abitanti della terra erano divenuti violenti e prepotenti. Ciascuno voleva solo il suo bene e non era contento del bene dell’altro. Ciascuno voleva tutto per sé ed allora erano litigi a non finire. Se l’altro non si arrendeva subito, facevano la lotta e tentavano di uccidersi. I più deboli venivano feriti, catturati, imprigionati come schiavi e spesso uccisi. Quelli che rimanevano, quando si sentivano più forti, volevano la rivincita e così la lotta ricominciava. Ciascuno, proprio ciascuno, covava l’odio nel suo cuore. Per la loro grande violenza, il sangue dei fratelli era versato e gridava vendetta al cospetto di Dio. Noè invece camminava con Dio: aveva insegnato ai suoi figli Sem, Cam e Jafet a rispettarlo ed onorarlo. Rispettare Dio significa prima di tutto rispettare la vita. Per rispettare la vita occorre non cedere alla tentazione della violenza, piccola o grande che sia. Dio allora aveva visto tutta la violenza degli uomini sulla terra e aveva lasciato che un grande castigo si abbattesse su di loro: il diluvio, un terribile cataclisma in cui niente rimane più al suo posto. Le acque scavalcano i loro argini, tutto si mescola a tutto. È il caos, il contrario della creazione. La violenza, non rispettando la vita in tutte le sue forme, chiama fuori le forze del caos che inghiotte la vita. Dio aveva un grande “dolore” per il mondo, ma non ritirò il suo castigo. Noè era giusto ai suoi occhi: grazie a lui la vita poteva continuare! Egli aveva fatto quanto Dio gli aveva comandato. Egli si fidava della sua parola. Nessuno poteva prevedere quanto sarebbe successo. Anzi, gli uomini sulla terra si ritenevano proprio sicuri grazie alla loro potenza, anche se a volte diventava cattiveria. Per questo perirono tutti quando le acque sommersero la terra.Quaranta giorni e quaranta notti durò il diluvio e non si vide che acqua scendere e salire per mescolare tutto. Nel linguaggio della Bibbia, quaranta non vuol proprio indicare un numero preciso, come quando uno si mette a contare. Voleva dire un tempo “compiuto”. Il diluvio non poteva essere per sempre. Anche il più grande dei mali ha sempre un tempo definito, limitato, compiuto; così il diluvio. Questo è molto importante. Era molto importante anche per le quattro donne ed i quattro uomini che erano a bordo dell’arca: Noè e sua moglie, ciascuno dei suoi tre figli con la propria moglie. Ben quattro famiglie. Anche ciascuna coppia di animali era una famiglia: maschio e femmina della stessa specie se ne stavano vicini vicini, in attesa del sole che facesse ritornare la vita. Davanti a Dio, il Signore, tutte le famiglie sono molto belle. Compiuto il tempo del diluvio, Dio volle aiutare il sole mandando un forte vento che soffiò per centocinquanta giorni. Dentro l’arca, dov’era custodita la vita, c’era un gran desiderio di spazio, di abitare di nuovo la terra, di popolarla. Noè mandò allora una colomba per vedere se la terra fosse asciutta. La prima volta la colomba tornò quasi subito. Non aveva trovato dove posare le zampine. Dopo sette giorni, Noè mandò ancora la colomba. Finalmente essa tornò con un rametto d’ulivo nel becco. L’ulivo segnalava che era rifiorita la vita vegetale e che c’era pace tra cielo e terra. Questa volta Noè dovette usare tutta la sua autorità per trattenere ancora tutte le famiglie dell’arca. Aspettava l’invito di Dio. Per questo mandò ancora per la terza volta la colomba, che non tornò. Allora Dio, il Signore, diede il segno che tutta la vita che era racchiusa nell’arca poteva uscire e popolare la terra. Uscirono con ordine, a due a due, come in processione. Ogni coppia di animali sentiva l’importanza di ricostruire la vita. Noè trattenne tutti ancora un poco, una volta usciti all’aperto: dovevano benedire il Signore. Costruì un altare ed ogni creatura pregò nella sua lingua il Dio della vita. Anche Sem, Cam e Jafet, i tre fratelli, esultavano di gioia ed erano  riconoscenti verso papà Noè che aveva ascoltato il Signore. Anche il cuore di Dio esultò e volle fare una promessa solenne al suo fedele Noè: «Io mando nel cielo l’arcobaleno per indicare che mai più manderò un tale castigo sulla terra. Finché la terra durerà, seme e raccolto, freddo e caldo, estate e inverno non cesseranno mai. Io vi benedico, nuove famiglie della terra. Ricordate che ogni fratello è responsabile della vita di suo fratello». Ciascuno allora cantò la sua canzone di gioia: il cielo fu percorso da voli e cinguettii e la terra da belati, ruggiti, ululati e dal verso di ogni altro animale. In cielo il grande arco multicolore abbracciava il mondo.

Noè con la sua famiglia coltivò di nuovo la terra. Dalle bacche dell’olivo usciva l’olio dorato; dalle spighe frantumate usciva la farina per le focacce cotte sulla brace e condite con l’olio fragrante; dai grappoli d’uva usciva un liquido inebriante, dolce al palato.