//“L’amore con gli schiaffi e i pugni c’entra come la libertà con la prigione”

“L’amore con gli schiaffi e i pugni c’entra come la libertà con la prigione”

di | 2018-07-11T16:47:10+02:00 11-7-2018 16:47|Alboscuole|0 Commenti
di CATERINA GIUSTO – Perché parlare di violenza sulle donne durante il Festival di Sanremo? Oltre tutto perché farlo proprio nella serata di San Valentino, tradizionalmente dedicata all’amore e al romanticismo? Sembrerebbe una contraddizione o, addirittura, un modo per rovinare l’atmosfera di una ricorrenza attesa da milioni di coppie di innamorati: eppure è quanto ha fatto Luciano Littizzetto, celebre comica e conduttrice televisiva in diretta su Rai Uno il 14 febbraio 2013. La ragione è facilmente comprensibile: non passa giorno senza che i quotidiani e i tg non diano notizia della violenza subita da una donna da parte del marito o del fidanzato, dell’ex compagno o di un pretendente rifiutato: in poche parole, da parte di un uomo. Recentemente, è stato diffuso un dato che fa riflettere: in media, nel nostro paese viene uccisa una donna ogni tre giorni dalla persona con cui ha oppure ha avuto una relazione amorosa. Sempre più spesso ci si riferisce a questo fenomeno con un neologismo: femminicidio. Qualcuno potrebbe domandarsi che bisogno ci sia di usare un termine come questo: non è sufficiente definire episodi del genere come “omicidi”, come da tradizione? La risposta è che non è sufficiente, perché passerebbe in secondo piano la causa di questi delitti particolarmente odiosi. Non è un femmincidio la morte di una ragazza investita da un pirata della strada, come non è un femminicidio la morte di una donna uccisa da un ladro durante una rapina. Per parlare di femminicidio occorre che il delitto sia compiuto su una donna in quanto tale: è necessario, insomma, che la causa primaria sia legata ai sentimenti, oppure che riguardi l’incapacità di un uomo di accettare le scelte o il ruolo sociale della propria moglie o fidanzata. Il femminicidio, tuttavia, è solo la punta dell’iceberg del problema: infatti, sono infinitamente di più gli episodi di violenza i quali spesso si verificano tra le mura domestiche. Schiaffi, pugni e maltrattamenti psicologici, purtroppo, in tutto il mondo sono una realtà quotidiana per milioni di donne, che spesso hanno la sola colpa di avere al loro fianco un compagno sbagliato. Spesso esse sono incapaci di reagire, almeno per due ragioni: la vergogna di denunciare, per paura di perdere la dignità sociale, e l’amore che, nonostante le botte, continuano a provare per chi alza le mani su di loro. Proprio su quest’ultimo aspetto ha focalizzato la sua attenzione Luciana Littizzetto: è necessario che tutte le donne si rendano conto che un maltrattamento dovuto, ad es., alla gelosia non è un segno d’amore, ma solo un tentativo da parte dell’uomo di sottomettere e assoggettare alla propria volontà la donna che ha al suo fianco. In alcuni casi si tratta di uomini violenti per natura, abituati ad avere sempre l’ultima parola; altre volte possono essere solo uomini fragili, condotti a gesti estremi dalla paura di rimanere soli; in altri casi ancora, gli atti di violenza possono verificarsi in seguito all’esasperazione per una storia d’amore che da troppo tempo non funziona. L’unica certezza è che le donne dovrebbero imparare a riconoscere questi segnali e prendere la decisione di chiudere la relazione prima che sia troppo tardi, per non correre il rischio di alzare ulteriormente le statistiche sui femminicidi. E’ necessario rendersi conto che, quando il rispetto diventa violenza, la meravigliosa libertà promessa dall’amore è perduta ed ormai irrecuperabile: resta solo una vuota prigione, da cui, se non si evade in fretta, si rischia di non uscire mai più. Il 25 novembre è stato scelto dall’Onu come giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica su un argomento tanto delicato. La data è stata individuata per commemorare la morte di tre sorelle dominicane, uccise dalla polizia nel 1960, mentre andavano a trovare i loro mariti, incarcerati dal regime dittatoriale all’epoca al governo. Ovviamente, affinché tale iniziativa ottenga dei risultati, è necessario coinvolgere in primo luogo gli uomini: sono loro a dover prendere coscienza di questa emergenza sociale e a dover comprendere l’importanza di educare i figli, fin da piccoli, al rispetto dell’altro sesso. Soltanto così, forse, un giorno potrà trovare piena attuazione il vecchio proverbio popolare secondo cui le donne non si toccano nemmeno con un fiore.