Di Maria Izzo – 3^B –
La solitudine è un sentimento che da sempre appartiene all’essere umano. Essa ha tante sfaccettature, può essere forzata, per esempio dalla prigionia, dalle malattie, dall’abbandono di una persona amata, e può essere ricercata come la solitudine dell’asceta, di chi vuole staccare un po’ dall’ ambiente che lo circonda, per fermarsi rispetto alla frenesia che caratterizza il mondo moderno. La solitudine, quando non ricercata, ma imposta, può divenire una paura, un mostro difficile da combattere. In alcuni casi, invece, la solitudine imposta ha indotto alla nascita di vere e proprie forme d’arte; esempi sono Dostoevskij, che durante la sua prigionia forzata scrisse opere memorabili e, Beethoven, la cui sordità che l’ha portato ad isolarsi dal mondo non gli ha impedito di elaborare i suoi meravigliosi componimenti. È vero, ormai il mondo gira intorno alla tecnologia, nessuno di noi può più fare a meno dei social, che sia WhatsApp per scambiare messaggi, Instagram per postare foto o video della propria vita quotidiana o tante altre applicazioni. Ormai sui social si condivide tutto ciò che vediamo e/o viviamo e forse lo si fa per evadere dalla stessa solitudine che non ci sembra tale se si ha un minimo di approvazione ai contenuti condivisi. È strano pensare che una passeggiata in solitudine per ricercare sé stessi o una chiacchiera con un amico fidato siano stati sostituiti da piattaforme digitali che non aiutano a sconfiggere la solitudine, ma la nascondono. In poche parole, la solitudine ha spaventato prima dei nostri tempi e continua a farlo. Petrarca parla della sua solitudine nel sonetto “Solo et pensoso i più deserti campi”, spiegando come egli desideri evadere dal mondo esterno per chiudersi in sé e il sol pensiero che qualcuno possa sapere del suo sentimento interiore lo spaventa. Una splendida visione della solitudine ci viene espressa dal poeta Carlo Betocchi, che nella sua poesia “La solitudine” ci racconta di come egli cerca questo sentimento, in attesa che arrivi un sorso di acqua fresca che lo faccia sentire vivo nel deserto della sua anima angosciata. Nei momenti di solitudine, come già detto in precedenza, c’è paura. Ci troviamo in un momento di estrema difficoltà: una pandemia globale ci sta costringendo a restare in solitudine, a troncare tutti i rapporti, a sopprimere tutti i piccoli gesti che ogni giorno compivamo colmi d’amore, come un bacio, un abbraccio. In un’intervista rilasciata alla Rai, Pupi Avati ci racconta come lui sta affrontando questa grande emergenza che lo costringe ad una convivenza continua con la sua compagna, che è al suo fianco da ormai 50 anni. Si apre raccontando episodi che lo hanno segnato nella sua vita e ci spiega come si possa rinascere da questi momenti che sembrano farci sprofondare nella paura e ci fanno sentire sempre più soli. Dobbiamo rinascere da questa solitudine imposta, da questi momenti di isolamento e dobbiamo risplendere come un meraviglioso arcobaleno dopo la peggiore delle tempeste.