Le donne furono soggette ad una persecuzione brutale da parte del regime nazista sia ebree che non ebree, donne Rom o quelle che presentavano difetti fisici o mentali.
Interi campi furono destinati specificatamente alle donne, come quello di Ravensbrück, dove più di 100.000 donne vi furono incarcerate tra la sua apertura e il momento in cui le truppe sovietiche lo liberarono, nel 1945. Un campo femminile fu costituito anche ad Auschwitz-Birkenau nel 1942 per incarcerare principalmente le donne. Analogamente, una zona femminile venne creata a Bergen-Belsen nel 1944, dove le SS trasferirono migliaia di prigioniere ebree.
Durante le deportazioni, le donne in stato di gravidanza e le madri di bambini piccoli venivano generalmente catalogate come “inabili al lavoro” e venivano perciò trasferite nei campi di sterminio, dove gli addetti alla selezione le inserivano quasi sempre nei gruppi di prigionieri destinati a morire subito alle camere a gas.
Donne non appartenenti alla popolazione ebraica erano però altrettanto vulnerabili: i Nazisti condussero infatti operazioni di assassinio di massa di donne Rom anche nel campo di concentramento di Auschwitz; uccisero donne disabili e massacrarono donne e uomini considerati appartenenti a unità partigiane.
Inoltre, i medici e ricercatori nazisti spesso usarono donne ebree e Rom per esperimenti sulla sterilizzazione e per altre pratiche disumane di ricerca. Sia nei campi che nei ghetti, le donne erano particolarmente vulnerabili e soggette spesso sia a pestaggi che a stupri. Le donne ebree in gravidanza cercavano di nascondere il loro stato per non essere costrette ad abortire. Anche le donne deportate dalla Polonia e dall’Unione Sovietica, venivano spesso picchiate e violentate, o forzate a prestazioni sessuali in cambio di cibo o altri generi di conforto. e donne venivano generalmente obbligate ad abortire, o mandate a partorire in ospedali improvvisati, dove le condizioni avrebbero garantito la morte dei nascituri. Altre volte, invece, venivano semplicemente rispedite nelle regioni d’origine, senza cibo né assistenza medica.
Molte donne incarcerate nei campi di concentramento crearono gruppi di mutua assistenza che permettevano loro di sopravvivere grazie allo scambio di informazioni, di cibo e di vestiario. Spesso le donne appartenenti a questi gruppi provenivano dalla stessa città o dalla stessa provincia, avevano lo stesso livello di istruzione o condividevano legami familiari. Infine, altre donne furono in grado di salvarsi perché le SS le trasferirono nei reparti destinati al rammendo degli abiti, nelle cucine, nelle lavanderie o nei servizi di pulizia.
Nel 1942 Himmler istituì dei bordelli nei campi di concentramento non per gli ufficiali delle SS, ma per i prigionieri e risultava un premio per chi aveva prodotto di più sul lavoro. Le donne furono trasferite dal campo di Ravensbruck e selezionate per prostituirsi nei lager, considerate così un incentivo per aumentare la produzione nei campi.
Le donne ebbero anche un ruolo importante in numerose operazioni della Resistenza. In Polonia, le donne vennero impiegate per portare informazioni nei ghetti; molte altre scapparono nei boschi della Polonia orientale e dell’Unione Sovietica, dove si unirono alle unità partigiane.
Alcune donne, come Haika Grosman, di Bialistok, furono leader o membri di organizzazioni della Resistenza nei campi di concentramento. Ad Auschwitz, cinque donne assegnate al reparto di Vistola per la lavorazione del metallo fornirono la polvere da sparo con la quale membri di un’Unità Speciale Ebraica fecero saltare in aria una camera a gas, uccidendo molte guardie delle SS, nel corso della rivolta dell’ottobre 1944.
Numerose donne furono anche attive nelle operazioni che vennero organizzate nell’Europa occupata per mettere in salvo gli Ebrei.
Milioni di donne furono perseguitate e uccise durante l’Olocausto, tuttavia, alla fine non fu tanto la loro appartenenza al genere femminile a farne dei bersagli, quanto il loro credo politico o religioso.
Melissa Miceli, Caterina Sardella, Giuseppe Villani, Anna Tota, Alisya pazienza, Janus Padulo 1^H