//LA SCUOLA DI IERI E DI OGGI

LA SCUOLA DI IERI E DI OGGI

di | 2018-06-29T19:46:46+02:00 29-6-2018 19:46|Alboscuole|0 Commenti
di GRAZIA COVIELLO, VINCENZA COVIELLO, VITTORIO FLORIO – Qualcosa  negli  ultimi tempi sembra non funzionare più nel mondo della scuola: il rapporto fra alunni e docenti pare essersi capovolto e gli stessi docenti divengono oggetto di scherno e subiscono ogni sorta di angherie dai discenti. Solo nel 2018 si contano oltre 24 casi di docenti bullizzati. Perché sta accadendo tutto questo? In classe ci siamo soffermati a riflettere facendo una ricerca sugli episodi che si sono susseguiti nelle varie regioni d’Italia e ci siamo resi conto che spesso le modalità sono le medesime: i docenti, per un nonnulla, sono aggrediti verbalmente e fisicamente dagli alunni, filmati, derisi e colpiti nella dignità del ruolo che ricoprono.  Uno dei casi più eclatanti, ai danni di una professoressa disabile, si è verificato nella classe prima di una Scuola Superiore di Alessandria: la docente è stata legata alla sedia con lo scotch, sbeffeggiata e ripresa in video. Quel che è più grave è che spesso i genitori “coprono” i propri figli scambiando per leggerezza e scherzo, atti vili e biasimabili coralmente. Anzi, abbiamo letto di casi in cui gli insegnanti sono stati vittime di genitori violenti: nell’Istituto”Ignazio Fiorio” di Palermo, una maestra è stata colpita con un pugno in pieno volto dal genitore dello studente, nonché collaboratore scolastico, per aver lamentato le numerose assenze del figlio. Poi c’è l’aggressione avvenuta in una Scuola Secondaria di Primo Grado, di Avola, dove un docente di Educazione Fisica è stato picchiato da una coppia di genitori per aver rimproverato il figlio dodicenne durante una lezione. Il professore ha subito la frattura di una costola: solo l’intervento degli altri docenti ha evitato il peggio. Anche a Foggia si registra un’altra aggressione ai danni del vicepreside della Scuola Secondaria di Primo Grado ‘’Leonardo Murialdo” colpito con calci e pugni dal padre di un alunno, che aveva appena rimproverato il giorno prima.  In seguito all’aggressione, il docente ha  riportato una prognosi di 30 giorni per lesione del setto nasale e traumi all’addome. Il genitore è stato indagato con l’accusa di lesioni aggravate da aggressione a pubblico ufficiale.  Molte volte le pene sono davvero blande e inefficaci. A tal proposito, nell’ambito di Cittadinanza e Costituzione, la professoressa ha evidenziato a noi alunni, che il docente all’interno della scuola riveste il ruolo di pubblico ufficiale e offenderlo è considerato dal codice penale “oltraggio al pubblico ufficiale”. La definizione di “pubblico ufficiale” è menzionata nell’art. 357 del c.p. comma 1, che recita testualmente: “Agli effetti della legge penale sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Quindi tutti coloro che svolgono un lavoro nella Pubblica Amministrazione sono considerati “pubblici ufficiali” e l’offesa arrecata loro è perseguibile penalmente anche con la reclusione”. Alla luce della gravità degli episodi citati e riflettendo sul profondo divario fra la scuola di oggi e quella di ieri, abbiamo effettuato un’intervista ai nonni e ai genitori, da cui è emersa una realtà scolastica completamente diversa. Le punizioni erano di gran lunga peggiori: in piedi dietro la lavagna, in ginocchio con le mani in testa, zero spaccato sul quaderno a cui seguivano pesanti bacchettate sulle mani. Inoltre, gli insegnanti detestavano il ritardo e anche una buona giustificazione non era plausibile, le assenze non giustificate non erano accettate. Alla domanda “I tuoi genitori erano d’accordo con gli insegnanti?”, tutti hanno risposto che i genitori erano sempre favorevoli alle decisioni intraprese dalla scuola perché la si frequentava non solo per apprendere, ma anche per essere educati; tra l’altro, ci si alzava molto presto per aiutare i genitori nei lavori domestici e poi ci si recava a scuola a piedi.   Le classi erano numerose, di soli maschi, di sole femmine, oppure miste. A volte si formavano le pluriclassi, cioè in una stessa aula c’erano alunni di prima, seconda e terza. Le aule erano arredate con l’indispensabile e i banchi dove sedersi erano per una persona sola. Dopo essersi seduti al proprio posto si faceva la preghiera e l’appello. Per raggiungere la cattedra, bisognava salire un gradino. Gli insegnanti assumevano un atteggiamento autoritario, per farsi rispettare. Gli alunni, invece, i più fannulloni, avevano paura di essere interrogati. Se l’alunno sbagliava ripetutamente, gli facevano mettere un cappello da asino in testa e lo facevano girare per tutte le classi! Gli alunni erano bravi e ascoltavano l’insegnante in classe; i voti erano molto bassi e il massimo a cui si poteva aspirare era sette, al contrario di oggi. I compiti assegnati erano molti ma, prima di svolgerli, si dovevano aiutare i genitori nel lavoro campestre o sorvegliare i fratellini più piccoli. Spesso si facevano i compiti di notte, alla fioca luce di una candela, e bisognava stare attenti a non macchiare di inchiostro il quaderno. Il corredo scolastico non era così ricco come quello di oggi, infatti utilizzavano per scrivere i pennini e il calamaio con l’inchiostro, al posto della biro. I colori erano pochi, i quaderni di solito avevano la copertina blu ed erano tutti uguali, gli astucci non esistevano e si adoperavano delle bustine di stoffa cucite dalla mamma o dalla nonna; al posto dello zaino, utilizzavano un elastico rigido, che serviva a tenere uniti i libri, che portavano sul braccio. Gli insegnanti spesso davano ceffoni a chi non rispettava le regole e lodavano poco: agli alunni meritevoli bastava solo un sorriso per capire di aver svolto bene il proprio dovere. Lo stimolo a fare meglio era sentito dagli alunni ed era alimentato dal desiderio di diventare “qualcuno”. La scuola di ieri era per pochi, quindi rappresentava un futuro certo e luminoso. Abbiamo compreso dunque, che noi alunni oggi siamo “privile-giati” perché abbiamo possibilità maggiori rispetto ad un tempo, ma manca quello stimolo dentro “a diventare migliori”, forse proprio perché nulla o quasi, viene negato dai nostri cari. Allora, la motivazione allo studio nasceva proprio dal sacrificio e dalla fatica che si faceva per studiare e aiutare i genitori. Siamo contenti di aver svolto questo approfondimento sulle differenze fra la scuola di ieri e quella di oggi, perché sicuramente ci ha arricchito.