//La penna della discordia

La penna della discordia

di | 2021-12-22T16:14:01+01:00 22-12-2021 16:13|Alboscuole|0 Commenti

La penna della discordia

Giorgio e Gianni, gemelli identici, e la loro amica Lucinda, hanno trovato una penna molto particolare nel corridoio della palestra. Quando la penna viene appoggiata su un foglio, scrive da sola. Risolve operazioni, scrive temi, fa il test di grammatica e inventa storie. La cosa giusta sarebbe consegnarla alla preside Bencivenga, soprattutto perché nella scuola ultimamente stanno succedendo molte cose strane e la preside ha chiesto espressamente di riferirle qualsiasi cosa fuori dall’ordinario. Ma Lucinda ha un’idea migliore: da sempre vuole fare la scrittrice e adesso ha finalmente lo strumento giusto! La penna potrebbe aiutarli a scrivere delle storie pazzesche e a diventare autori famosi! Giorgio dice, titubante: – Eˋ una cosa sleale. Spacciare per nostra una storia che non abbiamo scritto noi. Io mi tiro fuori e dovreste farlo anche voi. Gianni e Lucinda lo ignorano, troppo presi dall’entusiasmo per quella penna straordinaria. Si riuniscono quindi in biblioteca, senza Giorgio, decisi a scrivere la storia del secolo e a stupire tutta la scuola, ma appena hanno finito il primo capitolo, ecco che accade l’impensabile…all’improvviso è in gioco il destino stesso della scuola.

Gianni e Lucinda chiudono il quaderno: è ora di pranzo e la bambina, continuamente affamata, non è mai arrivata tardi a mensa. Gianni, sempre molto preciso e ordinato a differenza della sua compagna, ripone il quaderno nello zaino e si avvia all’uscita seguito da Lucinda con il suo Pipgattus, l’animale che vola come un pipistrello e graffia come un gatto, è alto quanto un banco ed ha un ottimo olfatto anche se una pessima vista.

-Un momento! Fermati! –urla la bambina fissando la cartella dell’amico con sguardo incredulo e spaventato- Lo zaino sta tremando!

Gianni lo lascia cadere con forza sul pavimento, Pipgattus con uno scatto fa appena in tempo a scansarsi ed ecco che… la zip si apre da sola, come guidata da una mano invisibile, ed il quaderno viene fuori con un saltello con le pagine che iniziano a girare velocemente come se sempre la stessa mano invisibile le stia sfogliando alla ricerca di qualcosa. Ad un certo punto i fogli smettono di girare, si piegano, si strappano, si accartocciano, si uniscono e si trasformano in un piccolo drago di carta. Eˋ tutto bianco con scritte sul corpo. Ha le corna, i denti e la coda di carta argentata e le ali, più grandi del corpo, di cartoncino dorato. Emana un forte profumo di carta e inchiostro. Pipgattus gli si avvicina e lo annusa, mentre i due bambini indietreggiano, intimoriti. Il draghetto si sgranchisce le ali e, ancora stordito, comincia a svolazzare all’interno della biblioteca. Sembra innocuo, ma i suoi occhi neri come alberi incendiati incutono timore ed un brivido attraversa i corpi dei due amici. Dall’altoparlante la voce della preside Bencivenga invita per la terza volta gli allievi ritardatari a raggiungere la mensa e Gianni e Lucinda si precipitano per evitare punizioni: nella scuola Eximietas chi non rispetta la puntualità viene spedito in cucina a pelare patate. Pipgattus resta invece in biblioteca a fissare sbalordito il drago che vola tra gli scaffali. I bambini salgono sulla seggiovia che dal terzo piano, dove si trova la biblioteca, li deve portare al secondo, dove c’è la mensa.

-Ma non capisci? – dice Gianni all’amica mentre entrano in refettorio dove si sentono le voci dei cinquanta commensali oltre all’inconfondibile profumo dei pescefunghi fritti della professoressa Toccalegno – Eˋ il drago della nostra storia! Il protagonista del racconto che abbiamo inventato, anzi che la penna ha inventato. Gli abbiamo dato vita noi!

Lucinda lo guarda pensierosa mentre, sedendosi, urta con il gomito il bicchiere colmo d’acqua del suo vicino che la guarda in cagnesco. Divora il suo piatto di pasta e, con gli occhiali appannati dal vapore del cibo fumante, anche quello di Gianni che, invece, per la preoccupazione, non riesce a mangiare nulla. Quando escono dal refettorio, seguiti dagli sguardi indagatori di Giorgio che, per tutta la durata del pranzo, non ha mai smesso di osservarli, vedono l’ornidrillo, con i suoi arti palmati ed il largo muso che sembra di gomma, avanzare a fatica trascinando Pipgattus, ferito in diverse parti del corpo.

– Chi ti ha ridotto così? – urla la bambina sollevando Pipgattus e correndo verso il piccolo ospedale per animali che si trova nel giardino della scuola.

-Eˋ stato sicuramente il drago a ferirlo! – dichiara con convinzione Gianni – Dobbiamo trovarlo assolutamente prima che faccia del male ad altri e consegnarlo alla preside.

– Ma sei impazzito? – lo zittisce Lucinda inciampando su una pietra all’uscita dell’ospedale dove il suo Pipgattus dovrà rimanere un paio di giorni per le cure- E cosa le raccontiamo? Non possiamo dirle della penna!

I due amici si precipitano in biblioteca dove però trovano solo Lucertolus, il bidello con un solo occhio intento a sputare acqua sul pavimento per lavarlo, che li apostrofa con una voce rauca: -Ho trovato un libro con pagine strappate, vergognatevi, lo racconterò alla preside.

I bambini si guardano: non sono stati loro, ma non hanno tempo di discutere, devono trovare prima possibile il drago, così vanno via. Fanno velocemente il giro della scuola: entrano in tutte le stanze, persino nell’aula che si capovolge e nella sala di controllo dove un tecnico monitora giorno e notte il vulcano sulle cui pendici sorge l’edificio scolastico. In caso di eruzioni, infatti, premendo un semplice pulsante, il tecnico fa sollevare la scuola e la fa posare su una nuvola fino al cessato pericolo. Qualcuno dice che nel vulcano viva un terribile mostro di lava e che le eruzioni sono le sue manifestazioni di rabbia, ma nessuno sa se sia la verità.

-Ma dove sarà finito? – si chiede Gianni mentre continua a guardarsi intorno.

-Sarà volato via! – ipotizza Lucinda spingendo l’amico dietro una delle tante statue di marmo del corridoio: sta arrivando il professor Paracelso che riesce a leggere nelle menti degli allievi e non possono permetterlo.

-Gianni- sussurra allora Lucinda- devo dirti una cosa, ma non ho il coraggio: non trovo la penna magica, credevo di averla messa in tasca, ma nelle tasche ho solo una matita e tanta carta, forse l’ho lasciata in biblioteca.

-In certi momenti non so cosa ti farei, sei sempre la solita! – inveisce Gianni contro la sua amica disordinata e maldestra- Ma come hai potuto perdere la penna, quella penna? Ora ci torni da sola in biblioteca, io non verrò con te. E, pieno di rabbia, Gianni lascia l’amica con la sua mortificazione. Lucinda non può rischiare di imbattersi di nuovo in Lucertolus, così decide di recarsi in biblioteca di notte, quando tutti dormono e non c’è pericolo di incontrare qualcuno in giro. Aspetta l’una e, con molta cautela, esce dal dormitorio dirigendosi verso la biblioteca. Non è facile per lei che ha sempre avuto paura del buio. Non c’è nessuna luce accesa. Si sentono graffi di artigli contro le pareti esterne della scuola, strani grugniti e risate spaventose. La bambina procede a tentoni, non indossa nemmeno le scarpe per evitare di fare rumore. Il percorso le sembra lunghissimo. Ad un certo punto qualcosa le punge il piede, sta per lanciare un urlo di dolore, ma si morde il labbro per reprimerlo. Sente dei passi. Rimane immobile in un angolo. Vede passare la professoressa di filosofia: è sonnambula, non lo sapeva. Sta per arrivare in biblioteca quando sente un fischio e si trova sulla nuca un liquido appiccicoso. Si gira di scatto e intravede il viscido mostriciattolo Sblorfus, dal corpo gelatinoso, che girovaga di notte per i corridoi della scuola sparando melma. Si pulisce con la mano la nuca, accelera ed arriva in biblioteca. Apre la porta. Si avvicina al tavolo dove pensa di aver lasciato la penna, ma ecco che sente un rumore di carta stropicciata, si gira e lo vede. Il drago è su uno scaffale e sta sgranocchiando le pagine del libro “Le parole maledette”. Non è più il draghetto che ha visto uscire dal quaderno, ma è tre volte più grande e le sue dimensioni continuano a crescere insieme alla sua forza a mano a mano che mangia pagine e parole. Ha divorato quasi tutto il libro e non sembra voler smettere. Non può permettere che distrugga la biblioteca. Deve assolutamente fermarlo. Ma come? Si fa coraggio e decide di prenderlo alle spalle, quindi con passo felpato cerca di avvicinarsi, ma non vede un volume sul pavimento, inciampa e cade. Il drago si gira di scatto e si accorge di lei. I suoi occhi sembrano ancora più scuri e cattivi. La sua bocca emette un ghigno spaventoso. Comincia ad avanzare verso la bambina immobilizzata dalla paura. Ma ecco che sulla porta della biblioteca compare Gianni che, con il suo righello magico, urla contro il drago: –Draco, draco, verba edens!

Il rettile si gira in direzione del bambino, inferocito. La formula magica di Gianni non sembra aver funzionato ed il drago si dirige verso di lui, intento ad aggredirlo.

Fugere et volare! – urla allora una voce alle spalle di Gianni. Eˋ Giorgio che, senza farsi notare, ha seguito il fratello con la sua pianta magica che inizia a sparare una raffica di semi di nespola e albicocca contro il drago il quale viene scaraventato fuori dalla finestra. Dopo un attimo di stordimento, l’animale spicca un salto e si posa sul tetto della scuola. Svegliati dal fracasso, tutti gli allievi ed i loro professori, ancora in pigiama, si ritrovano in giardino con lo sguardo rivolto verso il drago. Anche Lucinda, Giorgio e Gianni li raggiungono. L’animale emette un verso simile a ruggito talmente spaventoso e potente da svegliare il mostro di lava che, fino a quel momento assopito, esce dal cratere del vulcano. La carta del drago si sgretola, lui diventa giallo e lancia con le ali una scarica di fulmini contro il mostro che però si protegge con un muro di magma. Il drago infuriato gli morde un braccio staccandogli un pezzo di roccia rovente che disintegra con i suoi fulmini. Allora il mostro ferito tira un pugno al drago facendolo cadere. Sta per saltargli addosso, ma il drago gli sputa un raggio di fulmini che spinge il mostro e lo fa cadere nel vulcano. Il drago con un altro ruggito dal tetto salta nel giardino dove tutti lo guardano terrorizzati. Allora Lucinda prende un pezzo di carta e la matita che ha in tasca, scrive qualcosa, costruisce un aeroplanino e lo lancia all’animale. Gianni e Giorgio la imitano e, dopo di loro, anche tutti gli altri bambini. Il rettile mangia la carta e, come per miracolo, si placa e si addormenta.

Cosa avete scritto sugli aeroplanini? – chiede incuriosita la preside avvicinandosi a Lucinda.

Solo parole di pace e di amicizia- risponde la bambina- Penso che finora il drago si sia nutrito di parole sbagliate! Comunque, preside, mi perdoni, è successo tutto per colpa mia, sono stata sleale. Ho trovato una penna e…

-So tutto- la interrompe la preside- l’ho messa io nel corridoio della palestra, volevo mettere alla prova la vostra lealtà. E, tirando la penna fuori dalla tasca del pigiama, aggiunge: – Tienila, ora è tua. So che ne farai buon uso. E ricorda: omnia vincit amor.

 classe IV A Principe di Piemonte – IC Umberto I^ Lanciano