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La navigazione a vapore

di | 2020-05-30T22:15:40+02:00 30-5-2020 22:15|Alboscuole|0 Commenti
Dal XVIII secolo il vapore, quale fonte di energia, venne sfruttato anche sulle navi, che per le loro dimensioni sono ideali per accogliere caldaie e macchine motrici. Fu l’americano Robert Fulton a realizzare quella che può essere realmente considerata la prima nave mossa da una macchina a vapore. Inizialmente si pensava che le navi a vapore potessero navigare solo sui fiumi o al massimo sotto costa, e quindi il loro sviluppo fu molto più veloce negli Stati Uniti, ricchi di lunghe vie d’acqua interne. Le velocità raggiunte da queste navi erano notevoli: la più veloce dell’epoca, la Daniel Drew del 1860, era capace di tenere una velocità media di ventidue nodi (40 km/h). Si trattava di navi molto grandi. In Europa si cominciarono a costruire navi a vapore solo nel 1812. Benché la prima nave a vapore ad attraversare l’Atlantico nel 1819, il Savannah, fosse americana, l’Inghilterra si impose presto per la sua produzione di navi per le traversate oceaniche. Nel 1837 fu varato in Inghilterra il Great Western, una grande nave passeggeri lunga 78,15 m., larga 10,39 m. e con 1320 tonnellate di dislocamento. Già nel 1838 la stessa compagnia costruttrice del Great Western mise in cantiere un transatlantico ancora più grande, il Great Britain, completamente in ferro, che può essere considerato il primo transatlantico veramente moderno. Con le prime navi azionate a vapore si abbandonò la vela: la navigazione non fu più condizionata dal vento e le traversate degli oceani, tra un continente e l’altro, diventarono più rapide e sicure. Nonostante tutte le obiezioni e le difficoltà sollevate dai difensori della vela, le navi a vapore si imposero per i loro evidenti vantaggi economici. L’impatto era prima di tutto estetico-psicologico: abituati a navi a vela che sfruttano l’energia del vento, navigando in silenzio e in armonia con la natura, i pescatori e i marinai dei primi decenni dell’Ottocento rimanevano scossi da un “mostro” che prima di tutto sembrava un oltraggio all’ambiente e al mondo tradizionale e appariva del tutto “contro natura”. Anche i dotti manifestavano scetticismo , perfino sacerdoti e pastori presero posizione contro questa “pericolosa novità” a colpi di citazioni bibliche. Gli inizi del 1800 comunque videro solcare i mari e i maggiori fiumi, da navi mosse da una nuova tecnologia. L’introduzione della navigazione  a vapore creò un nuovo sviluppo  nella costruzione di imbarcazioni, nell’utilizzo delle navi, ed un’attenzione particolare verso la formazione degli equipaggi. La conoscenza e l’addestramento di professionisti in questa nuova tecnologia, comportò uno sforzo economico alle varie marinerie europee, sia mercantili che militari. La macchina marina, mossa dalla forza vapore, fu una naturale applicazione a bordo della macchina a vapore inventata da James Watt , con quelle modifiche di costruzione che la specificità del mezzo navale richiedeva. Il primo tentativo di navigazione a vapore sul Po venne effettuato dai nobili  lombardi Luigi Porro Lambertenghi, Federico Confalonieri  e Alessandro Visconti d’Aragona  che nel febbraio del 1817 fecero domanda al governo della Lombardia per ottenere l’esclusiva per vent’anni della navigazione a vapore sul Po e sugli altri fiumi e laghi del Lombardo-Veneto, sul tratto di mare da Venezia a Trieste e lungo le coste dell’Adriatico. Avuto il parere favorevole del governatore della Lombardia, bisognava pensare alla nave. Federico Confalonieri penso  ad un viaggio a Londra, suggerì di ricorrere per la costruzione del motore alle officine di Boulton. Lo scafo venne invece realizzato a Genova dai cantieri Biga con materiali però difformi da quelli consigliati dagli inglesi. Il battello battezzato Eridano (antico nome del fiume Po), fu varato nell’ottobre del 1819 e, dopo una navigazione lungo tutte le coste italiane, giunse a Venezia nel maggio 1820. A. Zaccaro 2^I