Di Antonella di Teo – Classe II sez. L
Il 27 Gennaio è il Giorno della Memoria, come tutti ormai sappiamo, ed è la data che ricorda le vittime dell’Olocausto. Il 24 gennaio 2005 durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite si celebrò il sessantesimo anniversario della liberazione dei campi di concentramento nazisti da parte delle Armate Russe e Americane e, successivamente, si stabilì che il 27 gennaio di ogni anno avrebbe avuto luogo questa commemorazione.
Proprio in quel giorno del 1945 ,infatti, le truppe russe liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.
Il termine Olocausto indica, a partire dalla seconda metà del 1900, gli atti di cui furono colpevoli le autorità della Germania nazista. Hitler e il partito nazista individuò negli ebrei la categoria infima della razza umana, stabilendo lo sterminio di tutte le categorie di persone ritenute “inferiori” per motivi politici razziali. Oltre agli ebrei, furono vittime dell’Olocausto le popolazioni Slave e Balcaniche, e quindi furono imprigionati soldati sovietici, oppositori politici, e minoranze etniche come rom, gruppi religiosi come testimoni di Geova ma anche omosessuali e portatori di handicap mentali o fisici.
La musica dell’Olocausto fu composta tra i prigionieri, come un modo per esprimere i sentimenti di dolore e speranza di fronte alle orribili persecuzioni che venivano realizzate dai tedeschi.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale questa musica è diventata uno strumento per ricordare e celebrare i superstiti dell’Olocausto, cioè quelle poche persone che sono sopravvissute a tale strazio, e le generazioni successive, in una lunga serie di opere musicali ispirate ad esso.
Numerosi musicisti e compositori furono coinvolti nell’Olocausto a causa della loro appartenenza “razziale” o in conseguenze delle loro idee politiche e del loro orientamento sessuale. La musica stessa divenne terreno di scontro, facendosi il nazismo promotore di un proprio distintivo stile musicale che individuava nella musica ebrea “diversa” una sorta di “arte degenerata” , dissonante e anti-conformista.
Le basi teoriche delle teorie naziste sulla musica furono fornite dal saggio di Richard Wagner, in cui il compositore contrapponeva la musica “tedesca” a quella “ebraica”.
All’inizio del Novecento, i molti musicisti e compositori italiani di origine ebraica erano perfettamente integrati nella vita musicale italiana. Niente cambiò inizialmente con l’avvento del fascismo. Gli ebrei italiani, come il resto della popolazione, si divisero tra fascisti e antifascisti senza alcuna particolare distinzione. Per cui le leggi razziali del 1938 furono un trauma inatteso che, improvvisamente e inspiegabilmente, li isolava in un mondo nel quale fino a quel momento non avevano conosciuto alcuna forma di discriminazione. Esilio, prigione e morte le possibilità di chi non si univa al “coro” del regime fascista.
In quei tristissimi e cupi anni, le Arti, che dovrebbero essere senza dimensione politica , come la Musica, la Pittura , la Scultura furono purtroppo riservate solo a coloro i quali venivano ritenuti di idee fasciste, e venne annullata ogni forma di Talento, Creatività e Libertà.