//La mia esperienza ai Colloqui fiorentini 2024

La mia esperienza ai Colloqui fiorentini 2024

di | 2024-03-14T17:13:39+01:00 14-3-2024 17:03|Alboscuole|0 Commenti
di Alessandra De Santis – 4^C –
Durante quest’anno scolastico ho avuto la possibilità, insieme alla mia classe e ad altri studenti dell’Istituto “Agostino Nifo”, di partecipare alla ventitreesima edizione dei “Colloqui Fiorentini”, che rappresentano uno spazio in cui gli alunni sono liberi di scoprire sé stessi e il mondo che li circonda attraverso opere e pensieri di vari autori. Ogni anno il convegno è dedicato ad uno specifico autore. Per questa edizione la figura scelta è stata quella di Giovanni Pascoli, uno dei maggiori poeti del Decadentismo italiano.
Non avendo mai partecipato ad un progetto come questo, in me è subito scattato quel senso di sfida, ovvero un mettermi alla prova per cercare di comprendere me stessa e il mondo in una maniera “diversa e innovativa”. Come ho sottolineato durante un mio intervento durante il seminario tenutosi il pomeriggio con il professor Diego Picano, i “Colloqui Fiorentini” sono stati un’esperienza molto interessante, poiché il metodo di studio utilizzato fino ad oggi a scuola per studiare gli autori è stato completamente stravolto. Per comprendere e conoscere la persona, ma al contempo la personalità di Pascoli, siamo partiti dalla lettura dei testi e non dalla solita “teoria”.
Come ho già ribadito , questo progetto ha fatto nascere in me un senso di sfida, una sfida che fin da subito ho ritrovato all’interno del titolo dei Colloqui: “C’è una voce nella mia vita…”. Questa è un’espressione provocatoria, poiché ti spinge ad analizzare, a provare, a ricercare e a conoscere Pascoli, per cercare di capire in che modo egli intende ed utilizza “la voce”. Ci spinge a riflettere sulla natura di questa “voce”. Leggendo la suddetta poesia, ho potuto comprendere che questa voce rappresenta una presenza costante nella vita di questo autore.
Si tratta di una voce che il poeta sente, avverte, o meglio percepisce, ma che un istante dopo svanisce. Attraverso i vari interventi della mattina, ma anche del pomeriggio, ho compreso che questa voce è presente in ognuno di noi. Durante il seminario ho scoperto che essa non è altro che un simbolo che Pascoli utilizza. La mia domanda allora è stata:“Ma allora cos’è veramente il simbolo per Pascoli?”.
A questa domanda, nel seminario dal professor Picano e successivamente nella lezione tenuta la seconda mattina del convegno dal critico Emmanuele Riu, mi è stata data una risposta. Una frase in particolare del professor Picano mi è rimasta impressa e mi ha indotta a riflettere: “La voce è il simbolo che la ragione non riesce a definire”. Questa espressione ha riempito di significati la mia ricerca. Pascoli pensava che la realtà mascherasse sempre un’essenza segreta che non poteva essere svelata attraverso la scienza. Per questo indicava la cosiddetta “essenza segreta” attraverso dei simboli.
Molti altri sono stati gli argomenti affrontati durante i convegni della mattina: il filosofo Giovanni Maddalena ci ha illustrato i temi salienti del Positivismo e in particolare si è soffermato sul “fanciullino” di Pascoli, un fanciullino presente in ognuno di noi, capace di cogliere l’armonia ed il fluire delle cose non con la ragione, ma andando al di là di quest’ultima. Ed è proprio il fanciullino che ci permette di scoprirel’intima essenza del mondo.
Successivamente è intervenuto il poeta Davide Rondoni il quale, attraverso la lettura della prefazione dei Canti di Castelvecchio, ha affrontato varie tematiche. Rondoni esclama: “Il tempo non è durata”. Il tempo non è durata, poiché possiamo vederlo come una cornice nella quale avviene la nostra esperienza del mondo e si struttura la nostra esistenza, mentre la durata indica la persistenza di un sentimento, di un’emozione o di un’esperienza nel tempo. Un’altra espressione che mi ha colpita molto è: “L’amore è forte come la morte”.
La frase suggerisce che l’amore ha un potere straordinario e duraturo, simile alla morte, che è considerata uno dei fenomeni più inevitabili e potenti della vita umana. L’amore può resistere alle prove del tempo, alle avversità e alle difficoltà, proprio come la morte è un evento universale e ineluttabile. La frase, quindi, richiama il senso di potenza, eternità e profondità dell’amore che può essere paragonato alla forza e all’universalità della morte. Essa invita a riflettere sulla natura dell’amore, sulla sua resilienza e sulla sua capacità di influenzare profondamente la vita umana. Il secondo giorno abbiamo assistito agli interventi del critico Emmanuele Riu, il quale ci ha parlato della poetica di Pascoli e in particolare, come ho già detto, del simbolismo presente nel poeta. Riu nella sua spiegazione improvvisamente esclama: “Il fanciullino dà il nome alle cose e le possiede”.
La frase è tratta dal saggio “Il fanciullino” di Giovanni Pascoli. Nel testo, il fanciullino rappresenta l’innocenza e la purezza dell’infanzia, che permettono al bambino di attribuire nomi alle cose in modo creativo e spontaneo. Il bambino vede il mondo con occhi nuovi e originali, attribuendo significati e nomi alle cose in base alla sua immaginazione e alla sua percezione intuitiva.
La fantasia e la creatività del bambino gli permettono di entrare in relazione con la realtà in modo profondo e significativo. Dando il nome alle cose, il fanciullino sembra possedere una forma di intuizione o comprensione profonda della loro essenza. Ciò suggerisce che l’infanzia è un periodo in cui si è più vicini alla vera natura delle cose e si ha un legame più autentico con il mondo circostante. Poi è intervenuto il poeta Sauro Albisani, il quale ha letto e commentato alcune poesie di Pascoli, come il testo “Nella macchia”. L’ultimo giorno, invece, una prima parte è stata dedicata a noi ragazzi, che abbiamo esposto una sintesi del lavoro svolto durante i due seminari pomeridiani e nella seconda parte è intervenuto il Docente e Direttore deiColloqui Fiorentini Pietro Baroni. Egli esclama: “Il dolore cantato da Pascoli è universale”. Affermare ciò significa riconoscere la capacità dell’arte poetica di Giovanni Pascoli di esprimere in modo profondo e coinvolgente un sentimento così intenso  e intimo come il dolore, riuscendo a catturare l’essenza universale di quest’ultimo, che fa parte dell’esperienza umana e che può essere riconosciuto e compreso da tutti.  Questa esperienza mi ha trasmesso molte emozioni e nuovi modi di affrontare le tematiche letterarie.
È stato un’evento che mi ha insegnato a lavorare in gruppo e a confrontarmi con altre persone che condividevano i miei stessi interessi, con lo stesso amore e la stessa volontà di scoprire sé stessi, confrontandosi con l’autore. È stato interessante studiarlo in modo diverso dal solito e identificarsi in lui ma, allo stesso tempo, in migliaia di ragazzi. Concludo riprendendo una frase citata dal professor Riu: “La letteratura è come un messaggio in una bottiglia sepolta nella sabbia. Io trovo la bottiglia, leggo il messaggio e scopro, con grande sorpresa, che quel messaggio era indirizzato proprio a me!”.