di Carolina Ammendola -Fra l’artigianato artistico della cultura partenopea, la porcellana di Capodimonte, si distingue per il particolare colore latteo, la maggiore compatezza e la trasparenza, dovuti all’assenza di caolino nell’impasto. Nella prima metà del Settecento il re Carlo di Borbone e sua moglie Maria Amalia di Sassonia fondarono la Real Fabbrica di Capodimonte. Il museo di Capodimonte ospita, infatti, una preziosa galleria di porcellane. Si narra che un giovane, insoddisfatto dalla vita, trovasse sollievo passeggiando nel bosco di Capodimonte. Camminava da solo, cercando nella vegetazione, la consolazione e il conforto. Una mattina d’inverno, in uno dei viali del bosco, vide una fanciulla dalle forme indefinite, sfuggente e decise di conoscerla. Crebbe in lui il forte desiderio di conoscere quella strana fanciulla. Ogni giorno la creatura divina appariva meno lontana: gli sorrideva, agitava il capo e lo salutava. Durante i loro incontri il giovane non parlava, la contemplava soltanto, poi alla fine della passeggiata lei svaniva nel portone del castello. In un crepuscolo d’autunno, l’uomo, non potendo più trattenere i suoi sentimenti, utilizzò le parole più belle e più esplicite per esprimere il suo desiderio, la sua passione, la sua adorazione per lei. Il giovane speranzoso le chiese: “Mi ami?” e lei rispose “Sì”. In un impeto di passione, il giovane l’abbracciò così forte che sentì un rumore, la ragazza cadde a terra in tanti piccoli cocci. Si dice che l’innamorato morì dal dolore sotto i frammenti di porcellana, l’arte per cui rende Capodimonte eterna e famosa, come l’amore dei due giovani innamorati.