di Ginevra Viscido, classe 2^E – Il 10 febbraio abbiamo celebrato la Giornata del Ricordo, comunemente chiamata Giornata delle Foibe.
Le foibe sono cavità naturali, a volte molto profonde, tipiche della Venezia Giulia dove i partigiani comunisti jugoslavi gettarono i cadaveri delle loro vittime, dopo averle trucidate o in certi casi ancora vive, durante le due campagne repressive attuate, prima nel settembre 1943 e poi nel 1945, contro chiunque si opponesse all’instaurazione del potere rivoluzionario nell’area istriano-dalmata.
Dal 2005, per commemorare quella tragedia e il susseguente esodo dei nostri connazionali dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia, si celebra ogni 10 febbraio il Giorno del Ricordo.
Ma cosa successe esattamente?
Nel 1943, dopo tre anni di guerra, le cose si erano messe male per l’Italia. Il regime fascista di Mussolini aveva decretato il proprio fallimento con la storica riunione del Gran Consiglio del Fascismo del 25 luglio 1943. Ne erano seguiti lo scioglimento del Partito fascista, la resa dell’8 settembre, lo sfaldamento delle nostre Forze Armate. Le prime esecuzioni iniziarono dopo l’armistizio del 1943, quando Trieste, Pola e Fiume erano controllate dai tedeschi, mentre il resto della Venezia Giulia era in mano ai partigiani. Secondo alcune fonti, tra il settembre e l’ottobre 1943 vennero uccise circa 800 persone. Dopo la Guerra il fenomeno si moltiplicò. Gli jugoslavi si impadronirono di Fiume e di tutta l’Istria interna, attuando repressioni ed esecuzioni feroci. Con il trattato di pace di Parigi, firmato il 10 febbraio 1947, le città di Fiume, Zara, tutta l’Istria e le isole della Dalmazia furono annesse alla Jugoslavia. I beni dei cittadini italiani vennero confiscati e ci fu un esodo forzato da quelle regioni verso l’Italia. Si spostarono 300mila persone e i morti nelle foibe furono fra 5 e 10mila. Le violenze e le atrocità vennero completamente alla luce solo dopo la fine della guerra fredda. È importante che si parli di questa pagina di storia, perché è nostro dovere “conservare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre”. Il vero avversario, ha sottolineato il Capo dello Stato italiano, Mattarella, resta l’indifferenza, alimentata dalla mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi. Ricordiamo che un popolo che non fa i conti con il proprio passato, non è in grado di capire il presente o di proiettarsi nel futuro. La storia serve a questo.