di Aldo Iannarelli, 5ª D.
Perché studiare la Grammatica? Cos’è la Grammatica? Ha senso studiare tutte quelle regole? E, a maggior ragione, ha senso farlo conoscendo già la lingua? In realtà dovremmo prima capire cos’è la lingua, perché così, a freddo, se la domanda venisse posta ad uno studente medio, egli risponderebbe indicando la grammatica come le regole di quel giochetto (che è proprio la lingua!) che ci obbligano a studiare fin da quando entriamo nelle aule scolastiche. E il lessico? Quello schema, senza le parole del proprio linguaggio di provenienza, potrebbe funzionare anche con parole aliene ad esso!? E ancora, quanto differisce il nostro linguaggio giovanile da quello delle generazioni precedenti?
Fabio Ruggiano, docente di Linguistica italiana presso il Dipartimento di Civiltà antiche e moderne dell’Università di Messina, intervenuto come relatore alla conferenza tenutasi il 29 settembre al Palazzo Reale di Napoli, ha tentato di fare chiarezza proprio in merito a tutti questi quesiti, parlando di codici e precetti linguistici a una platea di studenti delle scuole superiori.
“Analisi” è una parola che perseguita noi alunni delle scuole italiane per tutto il nostro percorso da discenti, e al di là della Matematica e della Filosofia, la incontriamo per la prima volta proprio studiando la Grammatica Italiana, con quella spaventosa combinazione determinato-determinante nominata Analisi Grammaticale, che ci appare fin da subito difficile da compiere e complessa da riportare nel nostro quotidiano. Ne deriva un rigetto immediato da parte di quei noi fanciulletti acerbi che, sapendo a malapena scrivere, tendono facilmente a pensare che tutto ciò non possa essere che superfluo: l’ennesima trovata degli adulti per rovinare l’infanzia spensierata di quei bambini che tanto invidiano.
Ma, fortunatamente o meno, quell’età si supera, le credenze si sgretolano e l’uomo ha bisogno di nuove, più solide e più soddisfacenti risposte, tali da appagare l’intelletto inquieto di chi si agita nel dubbio. Allora non ci resta che avanzare, seppur con la massima prudenza e rigore richiesti dal contesto, definendo e catalogando con cura per poter arrivare alla fine a rispondere alle domande che ci siamo posti.
La grammatica, al netto delle osservazioni espresse nel nostro laboratorio, può essere inquadrata come quella serie di convenzioni espresse dai parlanti di una determinata lingua riconosciuta come comune tra di loro; delle regole, dunque, che esistono non a posteriori rispetto allo studio, dato che non sono rispettate come delle norme giuridiche imposte a chi una lingua la parla, bensì delle regole a priori, dei modi loquendi che i parlanti assumono e che vengono osservati e registrati poi da chi quella lingua la studia. E la lingua, a questo proposito, altro non è che il modo con cui gli uomini comunicano vocalmente, o strutturano e ordinano i loro pensieri. Ciò che differenzia le lingue è proprio quella grammatica assieme ai lemmi che tramite essa si combinano.
Con esempi molto calzanti, che fossero letterari o quotidiani, l’accademico ci ha mostrato la straordinaria importanza della conoscenza della sintassi, di come capovolgendo gli ordini canonici con cui strutturiamo le frasi si possa stravolgere in toto il significato di questa, piegandolo alla volontà di chi scrive: che sia quello di suscitare emozioni o banalmente esprimere concetti profondamente differenti.
Inoltre ci ha esortato a moderare sempre il nostro linguaggio considerando e scegliendo il registro più adatto all’occasione: parlare con una terminologia tecnico-giuridica per discutere di politica con l’anziano di paese non può risultare che inopportuno, oltre che incomprensibile per l’interlocutore. Dunque lo stile va adattato al luogo – scegliendo se utilizzare la lingua nazionale, la parlata regionale/intraregionale o il dialetto – e anche al contesto – istituzionale e alto o quotidiano e scherzoso o specifico e tecnico.
Al netto delle acutissime osservazioni del relatore, che ci ha seriamente spinto a riflettere sul carattere fondamentale che riveste la disciplina grammaticale per essere dei parlanti attivi della lingua, che non la subiscono, ma che la vivono con autentica consapevolezza, mi permetto di citare in chiusura un paio di autori che attraverso il loro modo di esprimersi hanno stravolto, rivoluzionato e animato in profondità interi popoli, pur ricoprendo posizioni che potrebbero apparire marginali: in primis Cicerone, che grazie ai suoi discorsi e alla sua ars oratoria, serrò i ranghi del Senato romano contro il pretore Catilina, che era sul punto di sovvertire l’ordine costituito; in secondo luogo D’Annunzio, che conquistò la città di Fiume grazie alla sua capacità di incitare vastissime schiere di uomini, e che la mantenne come Stato indipendente de facto per più di un anno, con il beneplacito di buona parte dell’opinione pubblica italiana, pur avendo contro di sé la politica ufficiale e il governo del Regno d’Italia.
E allora, facendomi portavoce indiretto del professore, vi esorto: studiate la lingua! e fate sì che diventi la vostra più grande arma! usatela consapevolmente per smascherare i cialtroni e i venditori di fumo! Istruite e divertite e commuovete e commuovetevi con essa, parlandola e ascoltandola e leggendola e scrivendola, finché non vi si esauriscano le parole, il fiato, l’udito e la vista!