di Roberta Scarpa della IIIB
“Un giorno partirò,andrò via dal mio paese, magari in
America!”
Quante volte abbiamo sentito queste parole, pronunciate da
ragazzi che immaginano una vita lontana dalla loro terra. Molti
di loro sono attratti
da un altrove,
considerano il luogo dove
sono nati solo come un punto di partenza. Essi ritengono che
il mondo intero sia la loro casa e viaggiano guidati dalla voglia
di avventura, dal grande desiderio di ottenere una vita diversa,
migliore.
Analizzando con più attenzione il fenomeno, si riconoscono
diverse motivazioni che spingono tanti giovani ad andare via.
1) Vi sono ragazzi che lasciano l’Italia ed altri paesi, per
motivi economici.
Essi sono alla ricerca di lavoro, alcuni hanno intenzione di
rimanere
all’ estero solo il tempo necessario ad accumulare un po’ di
fortuna, per poi rientrare nel loro paese d’origine; molti di
questi hanno nostalgia della loro casa e partono convinti che
presto ritorneranno.
2)
Altri invece partono per necessità personale, per sentirsi
indipendenti. Molte volte, giunti in nuove nazioni in cerca
di sistemazione, vi si stabiliscono, magari accettando un
lavoro umile, pur di iniziare una nuova vita lontani da casa.
3)
Ci sono poi tanti laureati che si ritrovano costretti ad
emigrare, perché nel loro paese non ci sono posti di lavoro
adatti alla loro formazione.
Questo, purtroppo, accade molto spesso in Italia, dove la
formazione scolastica è molto buona, ma i posti di lavoro
per neolaureati scarseggiano. Siamo di fronte ad una
grande perdita di giovani talenti, che trovano più
conveniente andare in America, in Inghilterra, in Germania
ed in altre nazioni in cui sicuramente troveranno lavoro.
È chiamata dunque “fuga dei cervelli” il fenomeno di
migrazione di ricercatori, tecnici, medici, insegnanti con un
elevato titolo di studio che sono costretti ad emigrare in altri
paesi per lo scarso numero di posti di lavoro in linea con i loro
studi.
Ma questa “fuga” deve essere analizzata in un modo più
completo infatti, se in questo fenomeno vi sono molti elementi
negativi, ve ne sono anche di vantaggiosi .
Il “drenaggio di cervelli”, cioè il fenomeno che vede masse di
studenti appena entrati in contatto con il mondo del lavoro,
viaggiare alla ricerca di fortuna, non è circoscritto all’Italia,
ma si è diffuso in tutto il mondo.
La “circolazione dei cervelli” può anche essere considerata un
fenomeno fisiologico: infatti molti neolaureati arricchiscono il
proprio curriculum professionale all’estero, per poi tornare in
patria da professionisti e cercare un posto di lavoro più
prestigioso. Questo aspetto finisce dunque per essere
favorevole al paese d’origine, perché una percentuale dei
giovani emigrati tornano in patria, promuovendo lo sviluppo del
paese.
Va anche considerato lo “scambio di cervelli”, infatti un
numero rilevante di laureati di un paese che arriva in un altro,
compensa in modo abbastanza equilibrato la perdita di
altrettanti studenti emigrati.
Ma va detto che l’ immigrazione di masse più numerose di
“cervelli” avviene dai continenti più poveri e/o dilaniati dalla
guerra della terra; stiamo parlando di molti paesi dell’Africa,
dell’Asia ,dell’America Latina. Questa migrazione è solo in
uscita: la gioventù che scappa da paesi poveri o stravolti dalle
guerre, non ha quasi mai il desiderio di tornare a casa. Il tutto
dunque a discapito di paesi già molto poveri, in cui questa fuga
finisce per impedire lo sviluppo culturale, la crescita economica
e non fa progredire il sistema sanitario e l’istruzione.
Anche l’Italia conosce questo aspetto negativo del fenomeno
della “fuga dei cervelli”: molti ragazzi infatti decidono di
emigrare verso Stati Uniti, Germania, Inghilterra, Svizzera ed
altri paesi dell’Europa del Nord senza il desiderio di tornare in
patria. Quanti uomini eccezionali ormai hanno lasciato per
sempre la loro Italia!
Questo problema è poco affrontato nella politica di oggi, quasi
si trattasse di ipotesi lontane nel tempo o , addirittura, solo di
una vaga possibilità
.
Ma così non è.
Bisogna riflettere, attentamente.
Sono gli uomini che formano il paese: cos’è un paese senza
cittadini?
È come un alveare senza api! Non esiste un luogo , una città,
una società che possa essere considerata tale senza i suoi
cittadini .
Pensiamo a come sarebbe Napoli se, poco a poco, i suoi
abitanti emigrassero, pian piano la città si spopolerebbe e la
vita sociale inizierebbe a risentirne. La città , lentamente ,
come una macchina senza benzina, smetterebbe di funzionare.
Noi che vi abitiamo, siamo il cuore della società ed ognuno
deve fare la propria parte.
Questo non vuol dire che non dobbiamo pensare al meglio per
noi, che non dobbiamo viaggiare e conoscere il mondo. Ciò fa
parte del processo di globalizzazione che va avanti oramai da
decenni, ma abbiamo il dovere di pensare alle nostre radici ,
conservarle, rafforzarle, migliorarle.
Tornando alla “fuga dei cervelli” non abbiamo statistiche
precise su questo fenomeno. Dati recenti dell’AIRE (Anagrafe
italiani residenti all’estero) stimano in 817mila gli italiani
espatriati tra il 2006-2015 e si stima che un numero
significativo siano stati giovani talenti in cerca di una vita
migliore.
Va anche presa in considerazione l’attuale crisi economica che
l’Italia sta vivendo negli ultimi anni; il nostro paese appare
oramai bloccato e non più innovativo, visto che va a contare
solo su piccole e medie imprese spesso a conduzione familiare.
Questo dato,purtroppo, è confermato anche dallo stato della
ricerca italiana oramai in un periodo di staticità allarmante.
Molti pensano che la fuga di cervelli sia un qualcosa di
distruttivo, ad una prima impressione, appare che la partenza
di giovani talenti tolga linfa vitale ai paesi d’origine.
Guardando questo fenomeno da un’altra prospettiva, esso
appare invece importante per la globalizzazione e quindi per lo
sviluppo mondiale.
Come si potrebbe giungere ad un compromesso che
salvaguardi sia la globalizzazione uniforme sul globo, sia il
benessere dei paesi meno ricchi?
Secondo me tutte le Nazioni, soprattutto le più ricche ed
avanzate, dovrebbero intervenire in aiuto di quelle più
svantaggiate quelle dilaniate dalla guerra e dalla
fame,condannate alla povertà. Tocca ai così detti “Grandi della
terra”impegnarsi per portare un miglioramento della vita
sociale, economica e culturale dei paesi più poveri.
Solo così la “meglio gioventù” ,salvaguardando se stessa,
potrebbe salvare il mondo intero.