Una delle feste più importanti di Barcellona Pozzo di Gotto è di sicuro quella del suo Patrono “San Sebastiano”, che si festeggia ogni anno il 20 gennaio onorando anche la tradizione della famosa “Giaurrina”. Ma chi è San Sebastiano? San Sebastiano nacque a Milano sotto la dominazione dell’imperatore Diocleziano e i suoi genitori lo educarono subito secondo i principi della fede cristiana, anche se in quegli anni i cristiani venivano perseguitati. Diventato adulto egli andò a vivere a Roma, dove divenne alto ufficiale dell’esercito imperiale, diventando quindi comandante della prima coorte, ovvero della prima legione a difesa dell’imperatore. Continuò però a professare la fede cristiana e, grazie al suo ruolo, aiutò molti cristiani incarcerati diffondendo il Cristianesimo tra i funzionari e i militari. Venne in seguito scoperto e l’imperatore, sentendosi tradito, lo condannò a morte legandolo ad un albero per colpirlo con arco e frecce. Pensando che fosse morto lo lasciarono attaccato all’albero, ma lui invece era ancora vivo. Dopo aver visto il corpo di Sebastiano e volendo dargli degna sepoltura, Santa Irene si accorse che era vivo e lo curò. Tornato in piena salute, egli ritornò da Diocleziano per sgridarlo per le persecuzioni ai cristiani, ma l’imperatore lo condannò nuovamente a morte e questa volta Sebastiano morì, il 20 gennaio del 288. Canonizzato santo, San Sebastiano è da sempre invocato anche come protettore dalle pestilenze e, proprio per questo motivo, Barcellona Pozzo di Gotto lo onora come patrono già dalle sue origini quando, nel 1595, nella contrada denominata “Bassalona”, dipendente da Castroreale, venne costruita una grande Chiesa dedicata al Santo Martire affinché proteggesse la zona dalla peste che infieriva nella vicina Messina e si stava diffondendo in modo terrificante. Da allora, e successivamente anche dopo la fusione con Pozzo di Gotto, il 20 gennaio è festa grande nella città del Longano, tra bancarelle di vario tipo, con giocattoli, dolciumi e frutta secca, la tipica “calia”. Ma soprattutto c’è “lei”, la regina della ricorrenza: la “Giaurrina”, il dolce tipico della città, che viene preparato spesso al momento durante la festa e prende forma, quasi miracolosamente, davanti agli occhi ammirati di grandi e bambini. I suoi ingredienti sono semplicissimi, miele e zucchero che vengono fatti bollire in una pentola di rame fin quando non diventano filanti. Ma la trasformazione avviene dopo, perché il passo successivo è quello della lavorazione a mano, quando l’impasto caldo viene reso sempre più dorato, da bruno che era, attaccandolo e tirandolo grazie a un chiodo d’acciaio che, nell’iconografia religiosa, rappresenta proprio San Sebastiano. Religione e storia quindi si fondono in questa delizia ma, quando lo gustiamo, non sempre siamo consapevoli dei richiami del passato che si intrecciano nella nostra quotidianità. Si dice, infatti, che questo dolce risalga alla dominazione araba in Sicilia e il procedimento della sua lavorazione venga tramandato di generazione in generazione. Ciò spiega perché il risultato può variare da un artigiano all’altro ma sempre con una base uniforme, come accade anche per molti altri piatti e dolci tradizionali, soprattutto se legati a una ricorrenza religiosa, che variano di zona in zona dell’isola. La nostra cultura in Sicilia è, del resto, frutto di una costante stratificazione tra le tante dominazioni, che però non hanno solo preso ma anche lasciato. La “Giaurrina” è una di queste eredità e, se il suo dolce sapore oltre a deliziarci il palato ci aiuta e aiuterà i giovani anche a non dimenticare le nostre radici, sarà sicuramente un valido contrasto all’omologazione culturale provocata da un mondo globalizzato.
Valentino Alosi