Da sempre la Cina è considerata un Paese a sé stante e sembra non volersi liberare da questo isolamento, nonostante alcune rivoluzioni economiche del secolo scorso. Il Partito Comunista Cinese difende quelle che sono le sue idee e i suoi principi, arrivando a sopprimere tutti quei pareri contrastanti che potrebbero ipoteticamente rappresentare una minaccia alla stabilità politica. Il governo si occupa di controllare le informazioni, selezionando le parole, i contenuti e i riferimenti. Da decenni infatti vengono censurati eventi sospetti dai vari servizi di informazioni, impedendo ai cittadini cinesi di conoscere la realtà e quindi le vere intenzioni dei piani alti. Tutto questo succedeva anche prima dell’avvento d’Internet che forse avrebbe potuto ipoteticamente essere uno strumento in più per conoscere l’operato del Partito. Internet è arrivato in Cina nel 1989, periodo in cui era usato principalmente nel mondo universitario. Il Paese ha fatto il suo vero ingresso on line cinque anni dopo. Però, in seguito all’enorme successo di questa novità, il governo ha progettato “il Grande Firewall Cinese”, un’infrastruttura per la censura. Così, il web, concepito da pochissimo e usato come mezzo di diffusione e comunicazione, è diventato uno strumento nelle mani del Partito per controllare l’opinione pubblica. Il governo ha poi capito che anche i social avrebbero potuto essere un pericolo se usati dalle persone. Ecco perché piattaforme come Twitter o Facebook non sono accessibili nel Paese, sostituite invece da qualcosa di “più sicuro”. Attualmente nessun Paese gestiste la censura come la Cina che ha il pieno controllo del web e di tutto ciò che ruota intorno ad esso. La censura è strutturata con varie reti e apparati che vigilano in maniera ferrea le piattaforme e si potrebbe dividere in macro-censura e micro-censura. La macro-censura è quella che impedisce l’accesso ai siti stranieri, generalmente di testate giornalistiche (es. New York Times). La micro-censura ostacola la libertà di opinione dei singoli cittadini, censurando e rimuovendo commenti, post o messaggi. Questo tipo di impedimento è spesso formulato dai creatori delle stesse piattaforme perché obbligati dal Partito a non divulgare contenuti ritenuti troppo pericolosi. Qualsiasi riferimento alla brutalità della polizia, alla libertà di parola, ai movimenti indipendentisti, alla rivoluzione, al progresso viene sempre prontamente rimosso. I creatori dei social sono quindi obbligati ad assumere un team specializzato e ad utilizzare le tecnologie adatte per la continua revisione e controllo delle notizie e informazioni. Una semplice parola può essere motivo di ripercussioni legali ed economiche. Le pene per coloro che diffondono informazioni contro il Partito partono dai 3 anni di carcere. Tutti sono sotto controllo, la privacy non esiste più e ormai i cittadini cinesi non ci fanno quasi più caso.