di DENIS XHELILAJ – Il 21 novembre 2019 io c’ero a conoscere Sami Modiano. Un uomo come tutti, o forse no. Anche se essere uguale a tutti è sempre stato il suo desiderio più grande. In quell’auditorium il mio corpo era lì, la mia anima no…strappata dal petto, è scesa sull’isola delle rose, Rodi. Ha visto un bambino, si chiamava Sami, aveva otto anni ed era stato espulso dalla scuola. Era l’anno 1938. In poco tempo Sami perderà la mamma, vedrà il padre umiliarsi per un po’ di pane, incrocerà lo sguardo di Lucia, sua sorella, che per il piccolo Sami rinuncerà anche a quel poco. È una sofferenza che non si può capire, se non la si vive, una sofferenza che si cela in piccoli gesti, in pochi sguardi. La mia anima è poi arrivata nella caserma di Rodi. Era il 19 luglio 1944. È salita su quel piroscafo, facendosi spazio tra sterco e persone. E non ha lasciato Sami nemmeno su quel treno diretto verso chissà dove. Ho visto Giacobbe urlare e “combattere” mentre gli portavano via la cara Lucia. Ho visto la malvagia crudeltà dei presunti “dottori della morte”. Ho visto un neonato strappato dalle braccia della madre e gettato a terra come uno straccio. Ho visto persone morire senza un perché…
La mia anima riesce a percepire il dolore di quel ragazzo che all’età di tredici anni mise piede a Birkenau. Spogliato di tutto, marchiato da un numero, vestito di un pigiama a righe. Un numero che rende ogni essere in quel campo un “cadavere vivente”, avvolto in un pigiama che stringe anche la mia anima, tanto da togliermi aria e respiro dalla gola. Alzo lo sguardo e vedo Sami, oggi quasi novantenne. Con un gesto di abbraccio, rievoca il suo saluto con la sorella Lucia, oltre quel filo spinato. Un abbraccio che racchiude dolore e tenerezza e che oggi ha travolto anche me. Un gesto d’amore così puro in tanto orrore. Anche io ho conosciuto quell’abbraccio. Ne mandai uno uguale a mia madre e a mia sorella il 25 ottobre 2014, promettendo loro che ci saremmo rivisti presto e che sarebbero state fiere di me. Quella promessa io ho potuto mantenerla. Sami, settantacinque anni dopo, abbraccia solo un ricordo senza consistenza e che fugge immerso in altri ricordi spesso soffocati.
Sta ora a noi, forti della Costituzione, non permettere mai più simili orrori. Non permettere più a nessuno di privarci dell’istruzione, degli affetti, della libertà, della dignità, della vita..
Grazie, Sami
Il Consiglio comunale di Latina ha approvato all’unanimità la Cittadinanza onoraria alla senatrice a vita Liliana Segre e a Sami Modiano, ebreo italiano nato a Rodi, deportato e come la Segre sopravvissuto all’Olocausto.