Jacopo Di Viccaro – Intervistatore: Salve a tutti cari lettori, bentornati nello spazio dedicato alle interviste impossibili. Oggi abbandoniamo momentaneamente i grandi poeti che hanno reso grande l’Italia per accogliere con noi una delle più geniali menti che sia mai nata sul suolo italico; sto parlando dell’imprenditore rosso Adriano Olivetti.
Olivetti: Salve a tutti, sono molto felice di poter essere qui oggi!
Intervistatore: Oggi a me caro Olivetti spetta un compito assai arduo … Olivetti: ADRIANO! Intervistatore: Cosa? Olivetti: Adriano. Mi chiami Adriano, la prego.
Intervistatore: Solo se ci diamo del tu. Adriano: Affare fatto. Intervistatore: Dunque, dicevamo, mi risulta un po’ difficile intervistarti, non so veramente da dove iniziare, cosa fare, quali domande porti, c’è così tanto da dire. Adriano: Fai tu, io sono qui. Intervistatore: Allora andiamo per gradi, presentati al pubblico e spiega qual è stato il tuo modus operandi. Adriano: Lettrici e lettori, mi chiamo Adriano e sono stato un imprenditore socialista che nella prima metà del Novecento ha iniziato a dirigere la fabbrica del padre Camillo. Dopo essere andato nella terra degli Yankees e dopo avere lavorato nella mia stessa fabbrica come operaio sotto il suggerimento del mio Vecchio, ho capito che strada avrebbe dovuto prendere la mia azienda. Intervistatore: Puoi essere più dettagliato per favore? Adriano: Ho capito che il luogo di lavoro deve essere confortevole; via quegli spazi oscuri, vetusti e sovraffollati, i miei edifici avrebbero dovuto avere ampie vetrate illuminate, gli operai dovevano e devono ancora oggi essere motivati, non a caso istituii corsi sulla rivoluzione russa e quella spagnola perché la cultura e la bellezza rendono grande il mondo. Intervistatore: Ma non ti sei limitato solo a questo, giusto? Adriano: Assolutamente, ho istituito asili per i figli dei miei impiegati, ho garantito retribuzione piena alle donne in gravidanza, sono stato il primo a istituire corsi per venditori. Ovviamente ho fatto anche molto altro, ma preferisco non continuare altrimenti rischierei di sembrare vanitoso. Intervistatore: Stupefacente. Piuttosto, non molti sanno che Steve Jobs si è ispirato a te. Come hai preso questa cosa? Adriano: Beh, la Olivetti per prima capì che un oggetto non deve essere solo funzionale, ma anche bello esteticamente, piacevole alla vista, quasi da mettere in mostra come soprammobile. Steve prese questo concetto e lo elevò ulteriormente; gli Iphone, gli Ipod e tutti i prodotti Apple in generale hanno uno stile unico, dalle forme dolci, arrotondate, sembrano quasi lavorati a mano da un sapiente artigiano. Indubbiamente mi fa piacere che qualcuno abbia raccolto il testimone della mia scuola filosofica, ma non nascondo la delusione cocente del fatto che gli italiani non abbiano fatto tesoro di questi insegnamenti.
Intervistatore: Un’altra domanda: che cos’è la “Programma 101”? Adriano: La Programma 101? Da quanto tempo non ne sentivo parlare! A quel tempo, era il lontano 1962, io avevo già percorso le scalinate per il Paradiso. Un gruppo di programmatori sfidò il mondo, si mise in testa di poter creare il primo personal computer della storia e iniziò a lavorare ad un progetto pioneristico che avrebbe rivoluzionato l’avvenire. Mio figlio Roberto credette fortemente nel progetto, ma la dirigenza della società, convinta di dover continuare solo ed esclusivamente nel settore delle macchine da scrivere e delle calcolatrici, si oppose fermamente. Dopo tre anni di gestazione e non pochi problemi, venne lanciata alla fiera di New York del 1965 la programma 101 e il resto è storia. Intervistatore: Wow, dovrebbero scriverlo nei libri di storia. Un’ultima domanda riguardante le curiosità; visto che ne condivide il nome, cosa pensa della serie tv di animazione “Adrian” e dell’animazione italiana in generale? Adriano: Credo che questa serie rappresenti una grande occasione sprecata. Vi sono dei buoni elementi e delle buone idee, ma la troppa autoreferenzialità di Celentano, unita ad una storia pretenziosa però confusa, e delle animazioni che passano dall’essere fluide e complesse ad approssimative e mal disegnate, senza contare la pessima campagna marketing, hanno affossato il progetto. Io amo l’arte e credo che l’animazione sia una forma di essa, uno strumento di comunicazione potentissimo che nella bigotta Italia di oggi non trova molto spazio, e non perché non vi siano persone capaci di usarla come si deve, anzi. Invito tutti gli appassionati, e non, a evitare di fruire solo di prodotti d’oltreoceano e a guardare anche ciò che viene prodotto qui da noi. Io consiglio il film ”L’arte della felicità”; ricordate che progetti di qualità si possono realizzare e il pubblico interessato c’è! Bisogna abbattere questa mentalità decrepita, disfattista ed esterofila; credete in voi e nel vostro Paese, cercate di cambiare le cose come ho fatto io a mio tempo.
Intervistatore: Ringraziamo Adriano per la partecipazione e vi auguriamo buon proseguimento di lettura. Adriano: Ciao a tutte e tutti!