di LEONARDO PRINCIPE, BENEDETTA REGIS –
In occasione degli Inclusive Games è stato possibile intervistare il testimonial del progetto SuperAbile, Lorenzo Costantini. Questo progetto nasce a Bassano Romano nel 2017 con l’intento di trasformare un evento tragico in un’opportunità di riscatto, come è accaduto per a Lorenzo in seguito all’amputazione della gamba dovuta all’incidente sul lavoro di cui è rimasto vittima nel 2012. Ecco cosa ci ha raccontato.
Che tipo eri alla nostra età?
Ero un ragazzo con poche motivazioni e pochi obiettivi. Amavo principalmente divertirmi e di conseguenza non mi piaceva per niente studiare.
Quali ideali avevi prima dell’incidente? Sono cambiati?
Prima dell’ incidente avevo ideali opposti a quelli che ho ora, ero molto egoista e superficiale mi importava soltanto di me stesso e il mio scopo era di arrivare al week-end per spassarmela con gli amici.
Cosa rappresentano i tuoi molteplici tatuaggi?
Ho molti tatuaggi, alcuni non hanno un senso ben preciso ma sono stati una valvola di sfogo per i miei momenti di difficoltà, altri invece hanno significati definiti e profondi come l’araba fenice che è un simbolo di rinascita, la scritta resilienza che sta a significare la capacità di adattarsi alle difficoltà che la vita ci presenta. Il mio preferito invece è quello che ho sulla coscia, sopra la protesi, che è la parte ironica di me ossia un cartello da ricercato con scritto “wanted right leg”, dove cerco la mia gamba che non c’è più.
Qual è il tuo rapporto con lo sport e come ti ha aiutato?
Lo sport è stato fondamentale per ritrovare la fiducia in me stesso, per darmi la forza di mettermi in gioco, di avere coraggio, di mostrare a me stesso e agli altri che anche con una disabilità si possono raggiungere grandi traguardi. Quindi ora lo sport è diventato parte di me e della mia vita, non riesco a stare molto senza allenarmi perché mi fa stare bene, soprattutto con me stesso.
Cosa rappresenta per te il progetto Super-Abile?
Rappresenta la bellezza di quello che ho dovuto vivere, perché la testimonianza che porto è che una disabilità può trasformare la vita in meglio, come nel mio caso. Questo progetto mi dà anche la possibilità di vedere ciò che riesco a trasmettere ai professori, ai ragazzi e ai loro genitori. Sono stati importanti anche i miei familiari, che non mi hanno mai lasciato solo e questo mi dà una grande energia, mi permette di andare avanti con orgoglio e vivere la vita a pieno. Ad ogni modo ci sono anche momenti di stanchezza, quando mi trovo a fare tanti incontri ma sono compensati dai ringraziamenti delle tante persone che mi seguono.
Chi ti ha dato la forza di andare avanti e non arrenderti? Gli amici, i familiari o te stesso?
La forza l’ho trovata soprattutto in me stesso, ho dovuto lavorare molto da solo per assimilare tutto quello che avevo vissuto, per affrontare le difficoltà. I miei familiari non mi hanno mai costretto a fare una cosa piuttosto che un’altra, hanno accettato sempre tutte le mie scelte, specialmente i miei errori e mi hanno dato la possibilità di capire in cosa stavo sbagliando. Gli amici, quelli veri, sono stati fondamentali, perché attraverso quello che ho vissuto sono riuscito a capire chi teneva veramente a me.
La tua storia conferma il detto “volere è potere”, ci insegna che spesso siamo noi a vedere dei limiti che non esistono. Quali consigli ci puoi dare per abbattere queste barriere?
Innanzi tutto di credere in voi stessi, in quello che siete, nei vostri sogni e obiettivi, nei risultati che volete raggiungere e accettarvi, con i vostri pregi e difetti. Credo che ognuno di noi abbia delle particolarità che ci rendono differenti dagli altri, quindi credo che noi dovremmo sfruttare la nostra unicità per raggiungere l’obiettivo a cui tutti aspiriamo: la felicità. Per raggiungerla ogni uno di noi sa qual è la propria strada ma, molte volte, per la paura di sentirci esclusi o giudicati dai nostri coetanei, facciamo quello che vogliono loro senza pensare a noi stessi. Io credo che la prima strada per raggiungere la felicità sia riuscire a stare bene con se stessi.
Porti obiettivi sempre più alti è stato il tuo modo di affrontare la vita?
Sì, da quando la mia vita è cambiata ho capito che ciò che era successo mi avrebbe dato la forza di raggiungere importanti traguardi, di stare in pace con me stesso e trovare la felicità. Quindi mi sono sempre posto degli obiettivi, inizialmente piccoli, come correre, poi ho deciso di partecipare alle prime gare, fino ad arrivare a capire veramente chi sono e chi vorrò diventare. Con la forza di volontà si possono raggiungere grandi traguardi e a me piace essere un esempio di positività e ispirazione per far capire che, pur avendo una disabilità evidente, non c’è niente che ti può fermare.
È stato proprio questo a farti partecipare alla Spartan Race?
Sì, questo è l’ultimo obiettivo che mi sono imposto e che ho raggiunto. La mia paura era proprio la corsa perché, in questa gara, c’erano da percorrere parecchi chilometri. In futuro, ovviamente, ci saranno altri traguardi da raggiungere.
Cosa provi quando senti racconti di cronaca in cui le vittime non sono riuscite a superare o a reagire ad episodi di bullismo? Cosa consigli a chi si trova in queste situazioni?
Io consiglio di passarci sopra, senza sentirsi giudicati o disprezzati dagli altri perché credo che il vero problema in questi casi lo abbia la persona che compie questi atti, perché chi è felice e sta bene con se stesso non dà fastidio a nessuno.
Quali valori ci vorresti trasmettere con questa giornata sportiva?
Valori come la resilienza, l’accettazione di sé, il piacersi e stare bene con se stessi e l’empatia. Vorrei farvi capire quanto sia importante dare agli altri senza chiedere niente in cambio e apprezzare la vita godendosi ogni momento.