DI: Aida Muratore
Il mese scorso, noi alunni delle classi terze abbiamo partecipato ad un progetto interculturale. Accompagnate da alcuni insegnanti ci sono venuti a trovare alcune studentesse provenienti da diverse parti del mondo: Norvegia, Thailandia, Costa Rica, Francia… Parlando della loro esperienza in Italia hanno confessato che andare a studiare in un paese diverso dal proprio, senza conoscere bene la lingua, è molto difficile ma sicuramente divertente. Per sciogliere il ghiaccio e conoscerle meglio abbiamo partecipato ad un gioco, preparato sotto forma di quiz, che faceva riferimento alle tradizioni popolari di questi paesi. Chi avrebbe mai pensato che, in Cina, ruttare è un complimento? O che dare le spalle alla statua di Buddha è un’offesa? Ogni anno oltre 800 famiglie italiane accolgono ragazzi da tutto il mondo per un periodo che va dalle quattro settimane ai dieci mesi. Non sono solo i ragazzi che arrivano da noi che si arricchiscono culturalmente, ma anche le famiglie ospitanti. Diventare una famiglia ospitante è molto semplice. Basta consultarsi con dei volontari che, dopo aver analizzato i profili degli studenti in arrivo, trovano la famiglia più idonea ad ospitarli tra quelle che hanno dato la disponibilità, organizzando al meglio le giornate della loro permanenza. I volontari saranno sempre in contatto con le famiglie e i ragazzi stranieri, perché può succedere a volte che ci siano delle incomprensioni e possono anche decidere di trasferire l’ospite presso un’altra famiglia. Chi rimane per un intero anno frequenterà regolarmente la scuola in una classe parallela a quella frequentata nel paese d’origine. Sei settimane dopo l’arrivo, famiglia e studenti si concedono un momento di riflessione, si riuniscono e si confrontano con gli assistenti per fare il punto della situazione. Festeggeranno il Natale lontano da casa scoprendo abitudini secondo un’altra prospettiva, idem per la Pasqua. Con l’arrivo dell’estate, nei primi giorni di luglio, tutti i ragazzi si radunano a Roma per la “ripartenza”: è un momento in cui si scambiano abbracci e promesse di rivedersi presto. Ma perché ospitare? Per altruismo? Per curiosità? Per motivare un figlio timido? I motivi possono essere tanti. Lo scopo dell’accoglienza non è di trasformare un forestiero in un italiano, ma di scoprirsi insieme, come persone e come portatori di altre tradizioni culturali.