INQUINAMENTO DA PETROLIO IN BASILICATA
Lo slogan scelto per Matera, capitale europea della cultura per il 2019, è “Open Future”.
Ma un futuro aperto a cosa? Cosa fa davvero la regione per preservare il futuro dei suoi abitanti?
Mentre Matera sta attraversando un’apparente fase di crescita economica e un sempre crescente incremento del turismo, cosa succede nel resto della regione? Avete mai sentito parlare dell’Eni?
L’Eni si descrive cosi:
“Il Centro Olio Val d’Agri (COVA), in esercizio dal 2001 nella zona industriale di Viggiano, occupa una superficie di circa 180.000 m2 ed è il risultato dell’ampliamento del “Centro Olio Monte Alpi”. All’interno del COVA trattiamo gli idrocarburi prodotti dal giacimento, separando olio, gas e acque di strato. Stocchiamo l’olio greggio in appositi serbatoi per poi trasferirlo tramite oleodotto alla Raffineria di Taranto per la raffinazione. Immettiamo il gas metano desolforato, disidratato e condizionato nella rete di distribuzione nazionale Snam Rete gas attraverso una stazione di pompaggio. Infine depuriamo l’acqua di strato dai residui di idrocarburi e di gas all’interno del COVA, per poi smaltirla nei centri di trattamento autorizzati.
Il COVA ha una capacità di trattamento giornaliera di 104.000 barili (circa 16.500 m3 di olio) e di 4.660.000 Sm3 di gas associato al greggio. Eni adotta rigorose misure di tutela ambientale e sofisticati sistemi di sicurezza.”
(- www.eni.com/eni-basilicata)
Sentiamo di dover apportare alcune correzioni all’auto-descrizione delle attività lucane dell’Eni affinchè risulti veritiera.
La compagnia ha trovato un efficace metodo di smaltimento dei fanghi petroliferi: sversamenti illeciti all’interno di pozzi esauriti a partire dal 1990.
E ha adottato rigorose misure di tutela ambientale come l’irregolare reinserimento delle acque di lavorazione del petrolio (che contengono sostanze molto pericolose) all’interno di pozzi come “Costa Molina 2” (sotto sequestro) ; lo sversamento di 400 tonnellate di greggio; lo sprigionamento in notevoli quantità di benzene (inquinante cancerogeno) durante le operazioni di aspirazione del greggio.
estrazione di idrocarburi ENI Val d’Agri
Nella foto è evidente che le acque sono ben altro che incontaminate e che ciò causa gravi danni alla fauna del lago del Pertusillo (PZ). Questo ha spinto esperti a verificare le possibili cause del fenomeno. È stata scientificamente provata la presenza di idrocarburi e metalli pesanti con concentrazioni ben oltre i limiti stabiliti dalla legge.
Perchè questa irregolarità non è stata immediatamente denunciata ?
I controlli eseguiti dall’ARPAB (agenzia regionale per la protezione dell’ambiente Basilicata) assicuravano che tutto rientrasse nei limiti della legge e sicurezza; al contrario, i dati rilevati dall’Università ne hanno confermato un ampio superamento.
È in corso un’indagine sull’inadeguato smaltimento di sostanze pericolose da parte dell’Eni.
Secondo l’accusa la compagnia avrebbe smaltito sostanze pericolose indicandole come “ non pericolose”. Ciò ha comportato un trattamento inadeguato delle sostanze al fine di ottenere ingenti vantaggi economici, con un risparmio potenziale tra 44 e 110 milioni di euro annuali.
L’indagine al momento interessa sessanta indagati e ha portato a sei arresti.
Chi ne paga le conseguenze?
QQQQqwsvcbhjmnkkmjhgbgvggueste non indifferenti misure di tutela ambientale hanno inevitabilmente arrecato ingenti danni alla salute degli abitanti della zona interessata. A sostegno di quanto detto riportiamo i dati di importanti istituti di ricerca.
Il tasso di mortalità per malattie dell’apparato respiratorio , secondo l’Istat, fra il 2006 e il 2013 è salito al 29% nella regione.
Altri dati ci dicono che il tasso di ospedalizzazione per tumore maligno nella provincia di Potenza è cresciuto del 48% (nel periodo 2011-2014) nei maschi tra gli 0 e i 14 anni.
Quindi quale futuro ci aspetta? Non appare così “aperto” come ci vogliono far credere…
Sono stati tutti immobili per decenni. Perchè chi è nella posizione di porre fine a ciò non lo fa? Perchè il denaro viene anteposto alla salute di milioni di persone, dell’ambiente e degli animali? Perchè le istituzioni incaricate di proteggere l’ecosistema, come l’ARPAB, non lo fanno?
Quando non ci sarà più una ragione per porre queste domande, allora avremo davvero un “open future”.