Il 16 marzo 1978, Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, fu sequestrato da alcuni esponenti delle Brigate Rosse. La detenzione durò 55 giorni. I brigatisti chiedevano il riconoscimento politico del loro movimento e la liberazione di alcuni dei loro compagni sotto processo a Torino. Se le loro richieste non fossero state soddisfatte avrebbero ucciso l’ostaggio. La Democrazia Cristiana e il Partito Comunista rifiutarono ogni compromesso adottando la via della fermezza, il Partito Socialista propose la via della trattativa. Alla fine prevalse la via della fermezza e Aldo Moro venne ucciso il 9 maggio 1978. Le istituzioni sacrificarono un uomo per la così detta “ragion di stato”. Lo Stato vale più dell’individuo, o l’individuo vale più dello Stato? Se dovessi valutare l’omicidio di Aldo Moro dal punto di vista di Hegel, partirei spiegando quale è stata la sua visione di stato. Per Hegel lo stato è una sorta di grande famiglia, all’interno della quale l’individuo non viene sovrapposto agli altri ma deve avere la consapevolezza soggettiva, ovvero deve riconoscere il fatto di essere parte del tutto. Lo stato di Hegel non è fondato sugli individui, ma è lo Stato a fondarli. Hegel rifiutava qualsiasi teoria di tipo liberale e socialista e prediligeva uno stato di diritto, ovvero fondato sul rispetto delle leggi emanate solo ed esclusivamente da esso stesso, con lo scopo di raggiungere l’obiettivo finale: Il bene collettivo. Perciò, se mantenere Aldo Moro in vita avrebbe in seguito rappresentato un motivo di disturbo allo Stato, ovvero avrebbe potuto impedire a quest’ultimo di conseguire il suo fine ultimo, il bene collettivo, allora Hegel avrebbe scelto la via della fermezza. Se dovessi esprimere un giudizio personale su questa intrigante e complicata vicenda, forse non sarei capace di prendere una posizione. Aldo Moro era il presidente della Democrazia Cristiana, partito che gestiva le più grandi multinazionali nate in quel tempo. Venne rapito in quanto rappresentava una “persona chiave” sotto il punto di vista politico. Le Brigate Rosse, estremiste di sinistra, sequestrato Moro, promisero la sua liberazione in cambio della scarcerazione di alcuni dei loro compagni imputati per delitto politico, e del riconoscimento politico del loro partito. La Democrazia Cristiana, partito rappresentato da Moro, scelse di schierarsi dalla parte della via della fermezza, condannando a morte dopo 55 giorni di prigionia il loro presidente per fini di interesse politico ed economico. Mi trovo seriamente spaventata dal come la vita di un uomo possa essere ridotta a diventare una sorta di merce di scambio per interessi che riguardano gli uomini stessi. Non mi trovo, perciò, d’accordo con l’uccisione di un uomo che semplicemente combatteva per le sue idee e si impegnava nel suo lavoro tanto da diventare una pedina fondante nel campo della politica interna ed estera. Lasciarlo in vita significava per la DC perdere territorio in capo politico (interessi), e disturbare l’equilibrio dello stato che deve garantire la legalità e l’ordine pubblico. Forse una volta lasciato in vita l’ostaggio, le Brigate Rosse, degli estremisti che imponevano le loro idee mediante violenza, avrebbero preso troppo spazio sul piano di governo. E mi posso sforzare di capire queste ragioni politiche, ma non riesco a capire come gli interessi possano essere più importanti di una vita umana tanto da annullarla. Mi chiedo se fosse stata possibile una via di mezzo. Assecondare la violenza delle Brigate Rosse ma far sì che loro non raggiungessero i loro obiettivi, oppure salvare un uomo colpevole di nulla, dare alle Brigate una parte delle loro richieste e poi lavorare sul problema dell’equilibrio statale? Con la seconda opzione suppongo che, indubbiamente, ci sarebbero state delle ripercussioni in campo politico, ma un innocente vita sarebbe stata salvata. La scelta di salvare Moro non era collegata al “bene collettivo”, ma al bene del singolo che, forse, avrebbe potuto portare a un bene collettivo maggiore. Non mi sento pertanto di approvare un’idea pre-nazista come quella di Hegel, ma credo che sarebbe stato corretto manipolare la situazione in maniera diversa, tenendo Moro in vita, prendendosi la responsabilità di questa scelta, e in seguito unirsi tra partiti per riportare l’ordine e l’equilibrio disturbato dagli atti vili delle Brigate Rosse. Non sono neanche in grado di definire chi abbia vinto in questa lotta. Forse lo stato avrà “vinto” dal punto di vista politico, mantenendo i suoi interessi, ma scegliendo la violenza ha perso dal punto di vista etico, dando, per altro, alle Brigate Rosse la soddisfazione di metterlo in cattiva luce come istituzione che ha sacrificato un indovino innocente.