DI: Filippo Buttitta
Secondo una ricerca scientifica pubblicata di recente, le nuove generazioni hanno un quoziente intellettivo inferiore rispetto alle generazioni precedenti. Gli studiosi avvalorano la propria tesi apportando una serie di ragionamenti sulla base di un vasto campione esaminato. Sostengono pure che le scoperte tecnologiche incidono sfavorevolmente sullo sviluppo cognitivo. Il calo in questione è iniziato negli anni ’70. Almeno così dicono alcuni scienziati. Loro hanno delle prove che dimostrano che dagli anni settanta tutti i settecentotrenta mila giovani che sono entrati nel servizio militare norvegese hanno avuto voti inferiori di sei o sette punti sul test dell’intelligenza rispetto ai predecessori. A mio parere, questa ricerca è infondata e parecchio insignificante sotto alcuni punti di vista. In primo luogo mi sembra allarmante dire che le generazioni sono meno intelligenti. Basti pensare all’evoluzione tecnologica che, di certo, non va avanti da sola. Per arrivare a fare qualcosa in ambito tecnologico bisogna ragionare molto dato che non basta dire a un robot: “Dammi il telefono!”, e lui te lo da. Serve uno studio minuzioso per programmarlo. Quello che voglio dire io è che non è vero che siamo meno intelligenti. Le generazioni di oggi sono molto più intelligenti di quelle di prima. Se io andassi da un adulto e gli chiedessi di fare una cosa con il cellulare che non ha mai fatto andrebbe subito in confusione. Allo stesso modo, se io chiedessi come trasportare con un rimorchio una quantità di merce superiore al massimo consentito, per chi non ha esperienza sarebbe un’impresa impossibile. L’intelligenza umana avrà sempre la stessa caratteristica, ovvero quella di sviluppare il quoziente intellettivo solo in cose che ci servono quotidianamente. Propongo un altro esempio. Un boscaiolo deve andare in una scuola a spiegare. Per quanto possa essere colto non riuscirà mai a spiegare benissimo facendosi capire da ogni individuo perchè non è il suo mestiere. E allora il boscaiolo è meno intelligente? E se un insegnante andasse a raccogliere la legna? Non riuscirebbe a sapere con assoluta certezza dove l’albero cadrà. E allora l’insegnante è meno intelligente? La risposta, a mio parere, è che essendo abituati a svolgere una mansione diversa, tutta l’intelligenza viene fuori lavorando a seconda dell’attività che quotidianamente si svolge. Stessa cosa riguarda le scelte della vita. Chi è abituato a scegliere se fare o meno una cosa è più rapido e sicuro in quello che fa. Un calciatore deve avere una capacita che si chiama “velocità di pensiero”. Chi ha questa dote non è più intelligente. Semplicemente a causa dell’esercizio su questa qualità, si è portati a usare l’intelletto al massimo sin da subito. Chi non ha questa dote è più lento a raggiungere la massima concentrazione. L’unica cosa che appoggio informazione è il fatto che i videogiochi possano caratterizzare la velocità di pensiero nelle situazioni della vita e nelle scelte difficili. In conclusione ribadisco la mia opinione circa questi studi sul quoziente intellettivo. Il livello d’intelligenza è in aumento generale. Quindi, per quanto riguarda l’analisi di un solo individuo l’unica cosa su cui possiamo fare affidamento è la velocità di pensiero. L’intelligenza generale è misurabile attraverso il livello di progresso ingegneristico e tecnologico.