//Il milite ignoto

Il milite ignoto

di | 2021-11-21T18:30:39+01:00 21-11-2021 18:30|Alboscuole|0 Commenti
di Viviana Stefanini    “Degno figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, resistette inflessibile nelle trincee più contese, prodigò il suo coraggio nelle più cruente battaglie e cadde combattendo senz’altro premio sperare che la vittoria e la grandezza della patria”   Un nome sconosciuto, un passato celato, un volto non identificato. Un soldato caduto, insieme alla sua storia, destinato a restare un mistero tumulato all’Altare della Patria. Tanti, come lui, hanno incontrato lo stesso destino e il milite ignoto li rappresenta, nella speranza di ricordare anche coloro che si sono spenti nel silenzio dell’oscurità. Maria Bergamas si fece simbolo di tutte le madri che avevano perso i loro figli e che non avevano spoglie su cui piangere. Il 28 ottobre 1921 scelse uno degli undici corpi innominati di soldati deceduti in trincea, riuniti nella Basilica di Aquileia, per essere portato a Roma. Il prescelto venne inserto in una cassa in legno di quercia con decorazioni in ferro battuto, sul coperchio erano fissati un elmetto, un fucile e una bandiera tricolore. La bara venne trasportata verso Roma su un carro ferroviario, mentre le altre vennero sepolte solennemente ad Aquileia. Venne ordinato il silenzio durante il passaggio del treno, i discorsi pubblici erano vietati e eventualmente si poteva suonare la canzone del Piave al suo passaggio. In molti si inginocchiavano al suo arrivo, le donne e i bambini lanciavano fiori, le forze armate facevano il saluto militare e le autorità religiose benedicevano la salma. Quando la bara giunse a Roma, il 2 Novembre, venne accolta dal re e dalla famiglia reale, omaggiata con stendarti, bandiere, cariche dello stato, madri, vedove… tutti presenti per onorare il milite ignoto. Venne benedetta e portata alla basilica di Santa Maria degli Angeli, dove rimase fino al 4 Novembre, in compagnia di un picchetto d’onore, per essere poi guidata da un lungo corteo verso l’Altare della Patria, dove venne tumulata la bara del caduto, su cui era stato posto un elmetto da fante. I militari e erano sull’attenti, il popolo era in ginocchio, per rendere onore alla salma. Sono trascorsi esattamente cent’anni da questo avvenimento e ripensandoci non sono nemmeno molti. Eppure spesso ci dimentichiamo di quello che hanno vissuto i nostri predecessori e di come alcuni, pur avendo combattuto valorosamente, siano non identificabili. È macabro riflettere su come delle persone siano potute cadere in un vero e proprio oblio, senza la possibilità di avere inciso un nome sulla propria lapide. Delle madri addolorate, spinte a scegliere una salma tra le tante per avere un cadavere su cui versare le loro lacrime angoscianti. Dei figli privati della possibilità di visitare la tomba dei propri padri, sepolti in qualche fossa sperduta. Delle mogli, che attendevano il ritorno di un marito sano e salvo e che non ne hanno ricevuto nemmeno il corpo inerme. Dimentichiamo troppo facilmente quello che ha dovuto passare molta della gente che ha vissuto prima di noi. Sono passati solo cent’anni, il sangue dei caduti sulla neve non si è ancora asciugato, ma noi non ci facciamo caso. Sono passati solo cent’anni e proprio perché sono così pochi, dovremmo ricordarci del passato cruento che ci precede e non sottovalutare ciò che ci è stato dato da persone di cui talvolta non conosciamo nemmeno il nome.