Matteo Catauro, Karol Iannone, Francesco D’agostino, Gianluigi Liguori, Daniele Mucciolo, Aurora Paolillo, Rita Onorato, Phoebie Mennella, Sharmina Augustin – classe 2 E – Il cammino che la scuola italiana ha compiuto per affermare il concetto di inclusività è lungo e passa attraverso molte fasi. Il punto di partenza è un lunghissimo momento di esclusione delle persone con disabilità da parte della società. Si passa poi ad una fase di separazione, in cui la persona è degna di essere assistita, ma in un luogo diverso rispetto alla scuola comune, cioè nelle scuole speciali. L’Italia ha preso le distanze da questo trend inserendo questi alunni nelle classi comuni e arrivando poi alla fase di inserimento e di integrazione, fino a giungere negli anni Duemila al concetto di inclusione. Partendo dal principio, la prima tappa è quella dell’esclusione poiché da sempre le persone con disabilità sono state considerate non educabili.
Nell’antica Grecia le malformazioni fisiche o le disabilità mentali erano molto diffuse, ma poco tollerate. Il filosofo greco Aristotele sosteneva il bisogno di adottare una legge che impedisse a coloro che nascessero deformi di sopravvivere, in quanto considerati inutili allo Stato.
Anche nell’antica Roma, i bambini con disabilità non erano considerati degni di vivere, venivano infatti uccisi al momento della nascita, mentre gli altri se entro i tre anni di vita mostravano segni di sordità o altra deformazione, venivano eliminati, perché ritenuti non capaci di apprendere. Con l’avvento del Cristianesimo si inizia a cambiare visione: grazie ai mutamenti in ambito culturale e soprattutto in ambito religioso le persone con disabilità vengono considerate parte integrante della società. Nel Medioevo, iniziarono a nascere i primi istituti di assistenza gestiti dalla Chiesa, all’interno dei quali venivano rinchiuse le persone considerate disagiate (persone in difficoltà economiche, con malattie o disabilità). Soltanto con l’Illuminismo inizierà a cambiare qualcosa riguardo le disabilità, grazie alle scoperte in ambito scientifico. Con la Rivoluzione Francese e con la “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino” del 1789 si ha un vero e proprio cambiamento sociale e culturale.
Successivamente grazie a Maria Montessori, terza donna italiana a laurearsi in medicina e neuropsichiatria, si apriranno le strade dell’inclusione in Italia. Un altro momento importante è la legge Casati del 1959 che prevede la nascita della scuola italiana di stato: prima di allora l’istruzione in Italia era compito della Chiesa, mentre ora è lo Stato che deve farsi carico dell’istruzione e per la prima volta si parla di obbligo, allargando così il diritto a tutte le categorie.
Nei primi anni del ‘900 c’era una concezione aristocratica della cultura e dell’educazione, intese come strumenti di selezione dei migliori. In quel tempo, infatti, le classi erano suddivise in classi comuni e classi differenziali, nelle quali finivano i ragazzi che manifestavano comportamenti di indisciplina.
Una tappa fondamentale per il nostro Paese è stata l’entrata in vigore della Costituzione Italiana (1948) e l’art. 3 è molto importante per il nostro argomento perché rappresenta la base di partenza per mettere in atto l’inclusione scolastica e sociale.
Oggi c’è grande impegno per rimuovere gli ostacoli di tipo economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo di ogni persona. L’inclusività non riguarda solo i ragazzi con disabilità certificate, tutti gli alunni possono, in modo permanente o temporaneo, presentare bisogni educativi speciali e la scuola deve pensare ad un piano di inclusione che preveda il sostegno e l’aiuto necessario per rispondere alle differenti richieste dei ragazzi. In questo modo tutti possono raggiungere i traguardi di competenza richiesti. Per concludere è bene sottolineare che un’educazione inclusiva favorisce il dialogo interculturale, contrasta l’abbandono scolastico, il bullismo e ogni forma di prevaricazione, favorendo valori importantissimi quali il rispetto dei diritti umani e delle diversità.