di Martina Pecorella – A pochi giorni dalla “ Giornata della Memoria”, mi si ripresenta alla mente, puntuale come ogni anno, una domanda: ” Perché sopravvive il razzismo?”. Quando sentiamo pronunciare questa parola pensiamo sicuramente all’antisemitismo o alla discriminazione verso chi ha un colore di pelle diverso dal nostro. Ma davvero pensiamo che finisca lì? Il razzismo ha radici molto profonde, da ricercare all’origine della storia.
Non a caso i primi a perseguitare gli ebrei non furono i nazisti, bensì i romani che li costrinsero alla prima diaspora sotto l’imperatore Tito. Sulla stessa onta si imbatterono i cristiani, catturati e martirizzati anch’essi dai romani, per poi ottenere l’attesa “rivincita” nel Medioevo quando il Tribunale dell’Inquisizione condannò chiunque fosse considerato “eretico”. Tra gli atti di razzismo possiamo, inoltre, annoverare, prima, la tratta dei neri d’Africa nel Nuovo Continente, poi, la più recente Apartheid, quella discriminazione razziale che colpì il Sudafrica e vide lo sfruttamento della manodopera dei neri da parte della minoranza bianca della popolazione. Il razzismo non ha risparmiato neanche gli schiavi del Sudamerica che lottarono per l’indipendenza o le innumerevoli vite perse all’interno dei Gulag in Russia.
Potremmo dire che ormai tutto ciò fa parte del passato e illuderci che sia davvero così o potremmo guardare in faccia la realtà e renderci conto che il razzismo è parte integrante della nostra società ed è assolutamente inutile ricercarlo nella storia quando si ignora nel presente. Viviamo una realtà assuefatta ed indifferente, una realtà egoista ed intollerante, una realtà che non è realtà. Non desta più emozioni, non scandalizza e non turba più la notizia che nei nostri mari, ogni giorno uomini ,donne e bambini lottano tra la vita e la morte. A nessuno importa davvero sapere che questi uomini scappano dalla guerra perché noi la guerra non la viviamo, a nessuno importa degli uomini che muoiono in mare, perché noi al mare andiamo solo per farci un bagno. Sulle prime pagine dei notiziari troviamo, oramai, il nuovo iPhone XS lanciato sul mercato, il calo del social network Facebook, la rottura di un’importante coppia del mondo dello spettacolo. Tutto gira intorno alle apparenze, in un contesto che cura l’estetica e va sempre alla ricerca della perfezione. Una società sicuramente consumistica, la nostra, ma ancor peggio una società “alienata”. Non è bastata la rivoluzione francese, le due guerre mondiali, né tanto meno la caduta del muro di Berlino per abbattere quelle terribili barriere culturali che ancora oggi ci dividono. Costruiamolo noi un muro, anzi, costruiamo un grattacielo, bastano due ingredienti: integrazione e condivisione. Siamo noi giovani il futuro, siamo noi il cuore pulsante della società, siamo noi l’istinto e la determinazione. Il mondo è nelle nostre mani e noi possiamo cambiarlo perché siamo in possesso di un’arma indistruttibile: l’istruzione. Occorre semplicemente imparare a valorizzare ciò che ci circonda, senza stereotipi o pregiudizi; occorre concentrarsi più sui dettagli, quelli che fanno davvero la differenza; occorre aggiungere un pizzico di creatività. Utilizziamo qualsiasi mezzo di comunicazione di massa o social, da cui siamo tanto dipendenti, per dire la nostra, ma soprattutto per dare voce a chi voce non ne ha. Tendiamo la mano a chi ce la porge, accogliamo chi ci ospita e condividiamo con chi ne ha bisogno. Noi non siamo dei semplici trapanesi, italiani o europei: noi siamo molto di più, siamo cittadini del mondo e solo quando impareremo a sentirci così potremo apprezzare il mondo come la nostra casa e i suoi cittadini come nostri fratelli.