a cura di Elia Pirrello -classe II A – Scuola secondaria di primo grado “G. Alessi” –
Nella casa londinese di Sherlock Holmes e Watson si presenta un giorno una ragazza che racconta una storia curiosa: è stata assunta come governante in una villa di campagna poco lontano da Londra. Lo stipendio è molto alto e il trattamento ottimo sotto tutti gli aspetti. I padroni di casa, una coppia di mezza età, le hanno però imposto di tagliarsi i capelli e di tenerli cortissimi, di indossare un abito blu che hanno appositamente preparato per lei e di sedersi alcune ore al giorno presso una finestra ridendo a più non posso. Niente di illegale né di poco lecito, come si vede, ma la ragazza non si sente a suo agio. …Sherlock Holmes sostiene di aver intuito che, contrariamente alle apparenze, la situazione era molto pericolosa.
La mattina seguente Sherlock svegliò Watson e si recarono alla dimora della coppia. Quando arrivarono, trovarono tutto molto silenzioso. Bussarono al portone e, non ottenendo risposta, fecero un giro intorno alla casa. Era un casale antico, di pietra, probabilmente edificato nell’ottocento. Sul retro aveva una grande veranda con un tavolo e delle sedie. Vicino alla veranda c’era una porta, che trovarono con stupore socchiusa. Holmes spinse la porta che si aprì. Entrarono e, all’interno, trovarono una piccola stanza con un attaccapanni e degli stivali. C’era odore di muffa e l’aria era molto umida, nonostante fosse una bella giornata di sole. Questa stanza aveva due porte: una portava in un’ampia cucina, ma che sembrava inutilizzata da molto tempo, l’altra invece dava su un piccolo bagno. Entrarono nella cucina, che aveva a sua volta un’altra porta, che dava su un corridoio. Era spettrale, e sembrava interminabile. Dava una sensazione di solitudine e tristezza. Holmes non si sentiva a suo agio e decise di entrare in una delle tante porte di quel corridoio. Lui e Watson si divisero per poter esaminare le stanze più velocemente. Entrò in una camera da letto molto ampia, con un letto a baldacchino, una scrivania in legno di ciliegio e degli armadi, sempre di ciliegio. Il letto non era fatto, quindi suppose che fosse la camera della coppia. Gli armadi erano aperti e sembrava che qualcuno fosse andato via da quella stanza con molta fretta. Mente analizzava tutto ciò, però, sentì un urlo. Immediatamente corse a vedere da dove provenisse per andare a soccorrere Watson. Lo trovò in una camera da letto simile a quella che aveva appena visto, ma più piccola e meno arredata. Sul letto giaceva il corpo esanime della ragazza che il giorno precedente era andata a fare visita a Sherlock.
Sherlock mandò Watson a chiamare il medico legale. Mentre osservava il cadavere per provare a fare delle ipotesi sulla morte della ragazza, notò che il corpo non mostrava alcun segno di violenza. Riprese a perlustrare la casa analizzando minuziosamente ogni dettaglio. Sul grande davanzale di una di una finestra erano appoggiati degli abiti azzurri. Il resto della casa sembrava essere disabitato da molto tempo. Poco dopo arrivò Watson con il medico legale e Sherlock lo condusse dal cadavere. Il medico suppose che la ragazza fosse stata uccisa con del veleno o qualcosa di simile, considerando che non aveva alcun segno sul pallido corpo. Indossava un abito bianco leggero, di cotone, e aveva un’espressione di terrore sul volto. Intanto era arrivata la scientifica e, subito dopo, dei giornalisti. La scientifica fotografò la scena del crimine e portò via il cadavere.
La mattina seguente la notizia era diffusa in tutta Londra. Leggendo il Times, famoso giornale londinese, si trovò in prima pagina il titolo:
“Giovane ragazza morta avvelenata: Holmes ci nasconde qualcosa?” Sherlock trovò strano che un giornalista avesse scritto qualcosa che non era stato ancora provato, ma poi pensò che magari aveva solo voluto fare un po’ di vendite in più. Però, recandosi all’obitorio, trovò quel fatto ancora più strano: la ragazza era stata uccisa con l’arsenico, un potente veleno. Come aveva fatto il giornalista a saperlo? O forse aveva semplicemente detto una cosa che gli sembrava ragionevole? E perché aveva accusato Sherlock? L’articolo sulla morte della ragazza era firmato Daniel Richmond. Aveva lo stesso cognome della coppia proprietaria del casale. Holmes incaricò Watson di trovare più informazioni possibili su questo Daniel. Poco dopo Watson ritornò con dei fascicoli dell’anagrafe da cui risultava che era il figlio di Sarah e David Richmond, che erano appunto la coppia. Holmes non perse tempo e fece trovare Daniel Richmond per interrogarlo. Qualche minuto dopo Daniel era nel suo ufficio.
Holmes gli fece molte domande, ma non otteneva le risposte desiderate. Quando gli chiese dove si trovassero i suoi genitori, Daniel rispose dicendo che erano andati a trovare dei parenti a Brighton. Sherlock si avviò verso Brighton. Quando arrivò all’indirizzo indicatogli da Daniel, trovò un casale simile a quello di Londra. Bussò e gli aprì la porta un’anziana signora. Sherlock le mostrò il distintivo e le disse che doveva condurre delle indagini. La signora, spaventata, lo fece entrare. Nello spazioso salotto c’erano David e Sarah Richmond. Holmes mostrò il distintivo anche a loro. Disse loro che doveva interrogarli. David, sulle prime, non voleva dire nulla ma, alla vista del volto piangente della moglie, si rassegnò. Confessarono immediatamente. David disse che il figlio era il vecchio fidanzato della ragazza che, dopo averlo lasciato, aveva cercato lavoro. Fortunatamente lo trovò presso questa coppia. Le dissero di indossare degli abiti blu e di ridere a crepapelle in certe ore del giorno, che erano le ore in cui Daniel andava a trovare i genitori. Da quando Sophie, la ex di Daniel, lo aveva lasciato, Daniel la cercava ovunque per ucciderla, e i genitori la assunsero per proteggerla dal figlio psicopatico. Doveva indossare degli abiti blu per somigliare alla precedente badante dei signori, che amava stare alla finestra a ridere leggendo delle barzellette. La precedente badante indossava sempre abiti blu e aveva i capelli rasati. Così, quando Daniel arrivava da loro, non riconosceva la ragazza e credeva che quella alla finestra fosse la precedente badante. Ma un giorno Sarah e David uscirono, la ragazza non indossò gli abiti blu e non rise alla finestra. Quando Daniel arrivò lei era in salotto. Aprì alla porta e riconobbe l’ex, che non disse però di essere il figlio della coppia. Disse che doveva scrivere un articolo sull’antica famiglia Richmond. Lei gli credette e gli offrì un tè. Lui accettò, ma quando lei mise i tè a tavola e andò a prendere lo zucchero, Daniel versò l’arsenico nel tè di Sophie. Lei bevve il tè e, in meno di quindici minuti, morì. Quando la coppia tornò, trovò la ragazza su una poltrona, con la schiuma alla bocca. Non seppero cosa fare, ma alla fine decisero di pulire la bocca della ragazza e di deporla nel letto della sua camera. Dopodiché scapparono dalla sorella di Sarah. Sherlock lanciò uno sguardo a Watson. La moglie non aveva mai parlato, ma per tutto il tempo aveva pianto.