L’amanuense era, colui che, per mestiere, ricopiava testi e manoscritti a servizio di privati o del pubblico.
La parola amanuense deriva dal latino “servus a manu”, che era il termine con il quale i romani definivano gli scribi.
Questi monaci vivevano molte ore della giornata nello scriptorium, in posizione tale da catturare più luce possibile, necessaria durante il processo di copiatura degli antichi codici e a coloro che svolgevano questo lavoro era permesso di saltare alcune ore canoniche di preghiera.
All’attività degli amanuensi si lega il personaggio romano Flavio Magno Aurelio Cassiodoro, che fondò a Squillace, in Calabria, il monastero di Vivario dedicato allo studio e alla scrittura.
Qui istituì uno scriptorium per la raccolta e la riproduzione di manoscritti, che fu il modello a cui successivamente si ispirarono i monasteri medievali.
Durante il XIV secolo e il XV secolo, l’arte della copia degli antichi testi aveva raggiunto il suo culmine: i libri, infatti, dopo essere copiati dagli amanuensi, erano controllati sul piano grammaticale e ortografico dai correctores per poi essere miniati dai miniatores. Inoltre, presso le università, gli allievi copiavano, traducevano e miniavano molti codici, per potersi mantenere nei propri studi.
Allo scopo di dimezzare i tempi di produzione un codice talvolta veniva dato da trascrivere dividendolo fra due amanuensi: ciascuno ricopiava la metà affidatagli e poi le due copie venivano riunite.
Questo sforzo collettivo appare ancora più evidente per i grossi codici di lusso che richiedevano anche l’intervento dei miniatori, i quali entravano in gioco solo dopo che l’opera era stata completamente ricopiata dagli amanuensi.
Ma il duro lavoro degli amanuensi non finisce nella cosiddetta “copiatura” dei testi, è grazie a quel duro lavoro se molte opere dell’antichità sono giunte fino a noi.
Tutte quelle opere dei grandi filosofi greci, opere come l’Iliade e l’Odissea, le opere degli scrittori dell’antica Roma come l’Eneide e tante altre, oggi possono essere lette grazie ai quei monaci che hanno dedicato la loro vita alla scrittura, perdendo la vista e curvando la loro schiena prima che l’invenzione della stampa ne permettesse la diffusione e la conservazione.
L. La Porta- L. Caiafa 1^H