Di La Redazione Junior della scuola Secondaria di I grado –
Oggi è carnevale e nei plessi dell’infanzia e della primaria del nostro istituto si festeggia questo evento. La scuola sarà invasa da coriandoli, coloratissimi e leggerissimi, molto amati dai bambini che si divertono a lanciarseli a vicenda.
Il lancio di oggetti alla folla durante i festeggiamenti di Carnevale è una usanza antica: già nel ‘500, infatti, venivano lanciati fiori e confetti dai carri oppure gusci d’uovo pieni di essenze profumate. Nel ‘700 le persone iniziarono a lanciare dei confetti di zucchero con un seme di coriandolo all’interno.
I coriandoli di carta, come li conosciamo oggi noi, nacquero solo nel 1875 per opera dell’ing. Enrico Mangilli di Crescenzago (Milano). Usò delle carte traforate impiegate negli allevamenti di bachi da sera. Successivamente un altro ingegnere, Ettore Fenderlche, ritagliò i triangolino di carta.
Secondo la storia del Carnevale le maschere dovrebbero rappresentare vizi e virtù del popolo, ma anche della classe borghese. Ogni personaggio ha insito un significato particolare. Arlecchino è di origine lombarda. La madre, una donna umile e molto povera, gli cucì il costume con scampoli variopinti. Ha molte doti tra cui: l’agilità e la vivacità. Pulcinella è una maschera molto antica e la sua nascita coincide proprio con le origini del Carnevale. Molto conosciuta ai tempi dei Romani, è sparita con l’arrivo del Cristianesimo. Risorta nel ‘500 con la “Commedia dell’arte”, è un personaggio discreto e sobrio nei movimenti, molto intelligente, dalla battuta pronta e mordace. Colombina è l’unica maschera femminile, un costume molto antico, se ne legge traccia già negli scritti di Plauto, furba, maliziosa e scaltra. Gianduja è piemontese, il classico galantuomo buono e onesto, ama il vino e la buona cucina. Il famoso burattinaio di Torino che lo costruì, si ispirò ad un contadino: giacca marrone, panciotto giallo, cappello a tre punte. Pantalone è un vecchio mercante di Venezia, molto avaro e molto brontolone. Indossa: giubbetto rosso, calzoni e calze strette, scarpette gialle.
Il termine Carnevale, che deriva probabilmente dal latino carnem levare ovvero “togliere la carne”, indica il banchetto che si teneva il martedì grasso, ovvero l’ultimo giorno di Carnevale, e contemporaneamente l’inizio del periodo di quaresima, tempo di digiuno e purificazione per i credenti in attesa della Pasqua. Secondo il calendario liturgico, questo periodo di festa inizia il giorno dell’Epifania e termina il mercoledì delle Ceneri.
Anticamente febbraio (dal latino februare che significa “purificare”) era il mese dei riti di purificazione, tenuti in onore del dio etrusco Februus e della dea romana Febris; di commemorazione dei defunti, poiché segnava il passaggio dall’inverno alla primavera e permetteva un contatto con l’aldilà; dei riti di fecondazione, come nelle antichissime feste dei Lupercali in onore di Marte e del dio Fauno.
Durante il periodo che noi comunemente chiamiamo Carnevale nell’antica Roma, quindi, si celebrava la fertilità della terra che, dopo il torpore invernale, tornava a rivivere e nutrire uomini e animali. Per il loro carattere, l’antica festa romana dei Saturnalia (dedicata al dio Saturno) e le Dionisie greche (in onore del dio Dionisio) ricordano da vicino il nostro Carnevale.
Gli antichi vedevano in Saturno il dio dell’età dell’oro, un’epoca felice in cui tutti vivevano in uno stato di eguaglianza, ove l’abbondanza dei frutti terreni era una certezza. La rievocazione di quel momento, durante i Saturnalia, si esplicava oltre che con banchetti e balli con un momentaneo sovvertimento, in chiave scherzosa e dissoluta, degli obblighi sociali e delle gerarchie costituite, in favore del “caos” e del disordine che tutto permetteva.
Così, gli schiavi potevano considerarsi uomini liberi e comportarsi di conseguenza, eleggendo ad esempio un Princeps (caricatura della classe dominante) al quale affidavano ogni potere. Finito il periodo di festa, l’ordine veniva ristabilito.
Anche nel Medioevo, quindi, il Carnevale continua a garantire l’allegria e la sospensione momentanea delle regole e della morale comune.
Il Rinascimento, sembra segnare un periodo di grande fortuna per il Carnevale. Le persone, di diversa estrazione sociale, partecipavano in massa a feste sfarzose e spettacoli organizzati per il divertimento di tutti. Particolarmente famose erano le mascherate su carri, chiamate “trionfi”, accompagnate dai canti carnascialeschi, organizzate a Firenze da Lorenzo de’ Medici.
Nel 1600 il Carnevale si rinnova grazie alla Commedia dell’Arte, spettacolo teatrale in cui i personaggi usavano maschere e costumi che rappresentavano un determinato carattere e un “tipo” di personaggio: Arlecchino-servitore, Pantalone-padrone, Balanzone-sapiente fanfarone. Questi personaggi ereditavano dal Carnevale il gusto per lo scherzo, il travestimento e la battuta, mentre il Carnevale, a sua volta, assorbiva i loro costumi tipici.
Tra le numerose sfilate che percorrono le vie di tantissime città italiane, possiamo ricordare il Carnevale di Venezia, Putignano, Viareggio, Manfredonia e Acireale, considerati tra i più importanti al mondo. La loro fama, travalicando i confini nazionali, è in grado di attrarre turisti sia dall’Italia che dall’estero. Famoso per la sua lunghezza è il Carnevale di Putignano in Puglia che dura da Santo Stefano (26 dicembre) fino al Mercoledì delle Ceneri (il primo giorno della Quaresima).
Invece, il Carnevale di Venezia e il Carnevale di Fano sono i più antichi. La prima testimonianza del Carnevale di Venezia risale al 1296 e il Carnevale di Fano viene citato nei documenti nel 1347.
Buon divertimento a tutti!