di Luigi Ficociello e Carlo La Vecchia (2^D)
Il barone Rampante è un romanzo di Italo Calvino scritto nel 1957 che fa parte della trilogia I Nostri Antenati, insieme a Il Visconte Dimezzato e Il Cavaliere Inesistente.
L’ispirazione per la scrittura di questo romanzo deriva da una storia che viene raccontata a Calvino una sera del 1950, sette anni prima dell’uscita del libro.
Il romanzo narra di un bambino, Cosimo che, all’età di 12 anni, dopo essersi preso la colpa di un atto che egli non ha mai commesso, decide di scappare di casa e andare a vivere sugli alberi. Il bambino è il figlio del barone Arminio Piovasco e di Konradine von Kurtewutz ed è il fratello di Battista e Biagio. Quest’ultimo ricopre un ruolo importante nel romanzo, poiché è il narratore.
La scelta di Cosimo, inizialmente, può essere interpretata come un capriccio, ma in realtà essa deriva dal desiderio del bambino di fuggire da una vita basata su rigidissime regole aristocratiche. La sua decisione, alla fine, lo porta a vivere la sua intera vita sugli alberi.
Le avventure che egli vive sono sensazionali: lotta contro i pirati, incontra un brigante che diventerà in futuro suo amico e fa la conoscenza di altre persone che, come lui, vivono sugli alberi.
Egli, infatti, non vive su un unico albero, ma continua a viaggiare di pianta in pianta per allargare i suoi orizzonti.
Passa le sue giornate leggendo e, con il trascorrere degli anni, diventa un famosissimo filosofo, stimato in tutta Europa. Successivamente incontra Ottimo Massimo, un cane che gli tiene compagnia per molti anni. A tenergli compagnia non sarà solo l’animale, bensì anche Viola, una donna di cui si innamora e per la quale egli quasi rinuncia a vivere sugli alberi. Cosimo muore a 65 anni per una malattia ma, per non farsi vedere dagli abitanti del suo paese, decide di andare a morire in territori più lontani.
Il romanzo è ambientato ad Ombrosa, una terra ricca di alberi, senza dei quali Cosimo non sarebbe mai riuscito nella sua impresa.
Come racconta Biagio, Ombrosa viene disboscata e nessun altro Cosimo potrà più vivere lì.
Il narratore, Biagio, è interno ed è un io narrante. La focalizzazione è interna. Alcuni personaggi sono caratterizzati fisicamente, ma la maggior parte lo è psicologicamente e socialmente.
Il luogo, Ombrosa, è realistico e il tempo della storia supera di molto il tempo del racconto.
La fabula e l’intreccio non coincidono in quanto la storia stessa è un flashback (Biagio annota su un quaderno la vita di Cosimo dopo che quest’ultimo è morto).
Uno dei temi centrali del romanzo è sicuramente l’ostinazione: Cosimo si ribella alla famiglia, non vuole mangiare le lumache e decide di ritirarsi sugli alberi. Per tutto il resto della sua vita non scende più dagli alberi, ma, nonostante ciò, cresce e diventa un membro attivo della comunità di Ombrosa. Un altro dei temi del romanzo è infatti la crescita, perché Cosimo cambia e si evolve, pur restando fedele ai suoi ideali.
Il protagonista è un personaggio molto ingegnoso, capace di affrontare ogni situazione senza mai scendere dagli alberi.
Il barone rampante è un romanzo molto originale; non è semplicemente una fiaba, ma un testo complesso che affronta anche il problema della ribellione adolescenziale, del rifiuto.
La vicenda è collocata nell’età dell’Illuminismo e della rivoluzione, ma, come accade anche nei romanzi della Trilogia, Il cavaliere inesistente e Il visconte dimezzato, assume connotati fiabeschi, in una continua sospensione tra realismo e racconto fantastico. La scelta che Cosimo fa non è una fuga dal mondo né dai rapporti umani, ma è una ricerca, un tentativo di vedere e guardate da una diversa e privilegiata prospettiva lo svolgersi della vita, cioè dall’alto.
Leonardo Sciascia vede in Cosimo “una sentinella della ragione, vigile e scattante contro tutti i mostri della natura e della storia”.