Non solo lavorano meno perché le possibilità sono molto scarse, ma sono anche poco retribuiti. Non c’è da stupirsi se i giovani lasciano l’Italia, pur dovendo essere la generazione più produttiva nonché ciò di cui il nostro Paese ha bisogno. Il loro lavoro è sempre più instabile e discontinuo. L’Italia è l’ultima in Europa per presenza di under 35 e si tratta di un dato decisamente allarmante. Le differenze territoriali aumentano le preoccupazioni, con un Sud Italia che presenta percentuali di disoccupazione giovanile tre volte superiori rispetto al Nord e salari molto bassi. Questo influenza inevitabilmente le aspettative lavorative e quindi di vita. Le conseguenze, oltre ad essere sociali ed economiche, sono di tipo politico. I giovani eletti sono pochissimi e la fiducia delle nuove generazioni nelle istituzioni è molto scarsa. Tutti le considerano incapaci e inefficienti, pochi di loro esprimono un giudizio positivo su di esse. L’indipendenza e la vita adulta sembrano traguardi irraggiungibili al giorno d’oggi e tra i motivi ci sono per esempio i costi elevati delle abitazioni o degli affitti, che non sono minimamente proporzionati agli attuali salari. Il discorso vale anche per la creazione di una famiglia che richiede una situazione economica adeguata e stabile, cosa che sembra impossibile ai giorni nostri. Sembra, però, che gli adulti non si occupino particolarmente della situazione, ignorando le paure e le fragilità dei ragazzi. Una cosa è certa: degli interventi mirati al cambiamento sono sempre più urgenti e ascoltare le voci della nuova generazione non sarebbe una cattiva idea. Loro sono il futuro e sono sempre loro che decidono di lasciare il nostro Paese perché non è in grado di offrire alle nuove generazioni valide opportunità.