//Horror – Il messaggio perduto

Horror – Il messaggio perduto

di | 2024-06-16T12:12:20+02:00 16-6-2024 12:12|Alboscuole|0 Commenti
Ero un nobile. Vivevo nella famigerata Corte Imperiale dell’Oscurità. Il mio Imperatore era una persona che amava vivere in solitudine. Odiava la luce e per questo il suo impero era dominato dall’oscurità più profonda. Anche le sue amicizie erano molto strane e, come lui, nascondevano segreti che non era dato conoscere a nessuno. Una sera, allo scoccare della mezzanotte, fui impetuosamente svegliato da alcuni colpi dietro la porta della mia stanza. Era l’Imperatore in persona, venuto ad incaricarmi di portare un messaggio al conte Shumman, il governatore della contea più remota dell’impero, con la raccomandazione di non rivolgergli assolutamente la parola. Anche se non riuscivo a capire il motivo per cui avesse scelto proprio me, immediatamente chiamai il cocchiere e quella stessa notte ci mettemmo in viaggio al cospetto della luna che cercava di farsi spazio nell’oscurità. La carrozza, trainata da due indomabili stalloni neri come il carbone, partì come un fulmine allo schioccare delle briglie, emettendo un fastidioso e stridente cigolio probabilmente dovuto al contatto fra le ruote in legno e il telaio di metallo. La carrozza attraversò un’area alberata che pensavo fosse un bosco, ma in realtà, date le immense dimensioni, si rivelò essere una fitta e oscura foresta intricata e ardua da attraversare… Quando la carrozza, cigolando, raggiunse il tratto di strada più tetro in assoluto, si udì un acuto ululato, poi un altro e un altro ancora e, ai lati del sentiero, fra la bassa e fitta vegetazione, occhi infuocati tagliavano il buio, facendomi salire il cuore in gola. Feci segno al cocchiere di accelerare e quando quell’incubo infernale sembrò essere superato, all’improvviso ci ritrovammo al cospetto di un vecchio castello diroccato e fatiscente, sperduto nella più fitta foresta. “Siamo arrivati”, disse il cocchiere. Ero sorpreso. Come poteva un conte vivere in quel luogo così spaventoso? Bussai al grande portone di legno tarlato, ma non aprì nessuno; bussai la seconda e la terza volta, fino a quando non si sentì qualcuno muoversi con pesanti passi verso la porta. Era il conte Shumman in persona, che era venuto ad accoglierci. “La aspetto qui fuori”, mi disse il cocchiere. Shumman aveva un aspetto inquietante, ma mi accolse con garbo e mi offrì da bere. Mi chiese il permesso di allontanarsi qualche minuto prima che avessi il tempo di spiegargli il motivo della mia visita. Il conte si allontanò con aria quasi sofferente. Aspettai a lungo. A un certo punto si sentì un urlo provenire dall’altra sala del castello, rimbombare nel silenzio e infrangersi nell’aria. Sobbalzai dallo spavento. Decisi di dare un’occhiata, quando vidi il conte trasformarsi in un orribile demone nero. Pelo lungo, denti aguzzi, artigli affilati in grado di squarciare qualsiasi cosa e occhi di fuoco che mi rammentarono i lupi che avevamo incontrato lungo il percorso. Non c’erano dubbi: si era trasformato in un inferocito lupo mannaro. Iniziò a ringhiare e a puntare con gli occhi dritto contro i miei e con un balzo riuscì a togliermi di mano il messaggio e a strapparlo con i denti. “Noooo!!! Il messaggio dell’Imperatore!”, gridai istintivamente guardandolo negli occhi infuocati e, dopo aver capito che la missione era ormai fallita, corsi via verso l’uscita del castello per raggiungere la carrozza. Gridai al cocchiere di partire più velocemente possibile e facemmo così ritorno al palazzo imperiale. Quando l’Imperatore venne a sapere com’erano andati i fatti, impallidì. Scorsi il terrore nei suoi occhi, come se stesse pensando che sarebbe potuto accadere qualcosa che avrebbe segnato per sempre la storia dell’impero. Francesco Masci