di ALESSIA PRIORI / Liceo Classico Galileo – Miglior film dell’anno agli Oscar 2019, Green Book ha visto anche Mahershala Ali nel ruolo di Don Shirley premiato come migliore attore non protagonista. Dopo la notte delle stelle Green Book continua a far sorridere e a far riflettere milioni di spettatori, e i suoi incassi non accennano a ridursi. Potrebbe sembrare una copia americana di Quasi Amici, con trama scontata ormai vista troppe volte sullo schermo, eppure la pellicola di Peter Farrelly si rivela essere un perfetto equilibrio fra comicità e drammaticità. Battute vivaci e sagaci accompagnano il buttafuori italoamericano Tony Lip, interpretato in modo eccellente da un ingrassato Viggo Mortensen, e il talentuoso pianista afroamericano Don Shirley nel loro viaggio per il tour di quest’ultimo nell’America del Sud degli anni ’60. Ad ogni tappa acquista contorni sempre più delineati il panorama culturale americano di allora, dove la discriminazione e i pregiudizi razziali erano ancora ben radicati. Lo stesso Frank Vallelonga, detto “Tony Lip”, inizialmente si dimostra influenzato dal clima generale, al punto che non riesce nemmeno a sopportare la presenza in casa sua di due bicchieri da cui hanno bevuto una coppia di idraulici di colore e con disgusto li lascia cadere nella pattumiera. Soltanto nella traversata dall’Arkansas all’Alabama si accorge di quanto sia “più nero” lui stesso rispetto al colto musicista Shirley, che viaggia su una Cadillac e non ha mai mangiato del pollo fritto in vita sua, d’altra parte lui è ricco e afroamericano, un binomio che lo rende estraneo ad ogni gruppo sociale. “Se non sono nero e non sono bianco, allora cosa sono?” esclama rivolto a Tony e forse anche a tutti gli spettatori, in una delle scene più ricche di pathos del film, in cui il colore della pelle trapassa così all’interno, rivestendo uno stereotipo che viene totalmente rovesciato all’interno del film in modo forse prevedibile, ma certamente non banale. Fra episodi di razzismo, omofobia e conflitti di classe i due personaggi formano fra di loro una solida amicizia che oltrepassa l’enorme gradino delle differenze e insegna ad accettare e accettarsi. Una bella storia on the road, tra l’altro tratta da una vicenda accaduta realmente: non è stata frutto di una invenzione la fratellanza che si è creata fra i due, infatti a raccontarcela è Nick Vallelonga, figlio di Tony Lip, che con la sua sceneggiatura riesce ad offrirci 130 minuti di risate, ma anche di spunti di riflessione che purtroppo si rivelano ancora attuali.