di Rinaldi Davide 3C
Quando si sente il nome di Gino Bartali si pensa subito al grande campione di ciclismo, rivale dell’altrettanto famoso Fausto Coppi. Non tutti sanno, però, che durante la sua vita, compì azioni umanitarie che lo hanno consacrato anche come eroe.
Scoppiata la seconda guerra mondiale, Bartali si diede da fare per aiutare gli ebrei italiani, soprattutto quelli del centro Italia. Grazie all’Arcivescovo Della Costa, al quale era molto legato, e al rabbino Nathan Cassuto, fondarono la “Delegazione per l’assistenza agli immigrati” (DELASEM). Il ciclista, portava documenti alle famiglie ebree nascondendoli nel manubrio della sua bicicletta e, quando veniva fermato per controlli, raccomandava di non toccare l’impugnatura del mezzo perché era stato calibrato per ottenere la massima velocità.
Con questo stratagemma Bartali salvò molte famiglie come quella di Giulia Donati che vive in Israele dal 1974, alla quale consegnò i documenti falsi che salvarono la sua famiglia. Aiutò a salvare anche la famiglia Goldenberg che il campione incontrò per la prima volta a Fiesole nel 1941 e che nascose in uno scantinato quando i nazisti occuparono l’Italia. Ricercato dalla polizia fascista, Bartali sfollò a Città di Castello, dove rimase cinque mesi, nascosto da parenti e amici.
Con la sua azione, Bartali ha contribuito al salvataggio di 800 persone fra il settembre 1943 e il giugno 1944. Già medaglia d’oro al merito civile nel 2005, egli è stato riconosciuto come “Giusto tra le Nazioni” da Yad Vashem il 23 settembre 2013.
Un vero campione dal cuore grande e con l’animo da temerario.