di Camassa M., Cazzella G., De Mola T., Falsanisi J.,Greco G., Marra E., Melli S., Quarta G., Raganato N., Tondo G.
Il 21 novembre di ogni anno si celebra in Italia la Giornata mondiale degli Alberi, per onorare e valorizzare le foreste e i boschi del nostro Paese e per promuovere politiche di riduzione degli effetti nocivi delle emissioni, di protezione del suolo e incentivazione di spazi verdi nelle nostre città.
Proprio durante la preparazione alla stesura del racconto per la “Zia Galatea”, in classe abbiamo visto il film animato tratto dall’omonimo libro di Jean Giono, “L’uomo che piantava gli alberi”, ricco di spunti di riflessione sull’utilità degli alberi.
In esso l’autore racconta come un’intera regione, arida e deserta di gente e natura, senza colore e senza vita, priva di qualsiasi suono, se non quello del vento sferzante, sia potuta tornare a vivere grazie all’impegno e alla costanza di un solo uomo.Lui è Elzéard Bouffier, un pastore solitario ritiratosi agli inizi del Novecento sulle montagne del Sud della Francia che, quando ogni mattina porta al pascolo le sue 30 pecore, col suo bastone appuntito pianta migliaia di ghiande, selezionate precedentemente con tanta pazienza e accuratezza.Si tratta di un rimboschimento “segreto”, perché nessuno ne è al corrente.
In un’epoca di guerre e distruzione il pastore, incurante della situazione, con questo semplicissimo gesto e con grande caparbietà continua a generare vita. Pianta 100.000 ghiande, da cui poi, dopo una selezione naturale, riescono a nascere e a sopravvivere 10.000 querce. Il miracolo è grande: la regione in poco tempo si popola di animali di ogni tipo, di querce, faggi e betulle e in essa torna a scorrere anche l’acqua.
Questa storia è un delicato inno alla speranza: ognuno di noi può dare nel suo piccolo il proprio contributo: anche una goccia gettata nell’oceano, con costanza e perseveranza, può fare la differenza.
È importante, infatti, prenderci cura quotidianamente di ciò che ci circonda, del nostro patrimonio naturalistico, per noi stessi ma, soprattutto, per le future generazioni.
In fondo il pastore, protagonista del racconto, non cerca e non chiede un riconoscimento per aver piantato tutti quegli alberi: la sua azione resta anonima, perché lui non ha agito per interesse, ma per difendere la salute della nostra madre Terra.
L’albero non è solo un dono della Natura, è anche lo strumento che essa ci ha messo a disposizione per intervenire sui cambiamenti climatici, sulla nostra salute e sulla qualità della nostra vita futura.