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FoggialiberaFoggia

di | 2020-01-11T18:37:31+01:00 11-1-2020 18:37|Alboscuole|0 Commenti
Ieri, 10 gennaio, dopo la serie di attentati, l’omicidio e la bomba che ha distrutto l’auto aziendale del testimone di giustizia Cristian Vigilante e molte altre parcheggiate nel cortile del condominio, e dopo che la città di Foggia sembrava piena di silenzio lugubre e di paure, si è svolta una “mobilitazione” contro la criminalità e a favorire della legalità. La mafia, si sa, non ama le città che vivono, che si danno da fare.

Don Luigi Ciotti con l’associazione Libera, Daniela Marcone, Federica Bianchi, Sasy Spinelli (parenti di vittime della mafia), il presidio di Libera  hanno fatto un appello alla cittadinanza e 20 mila persone si sono mobilitate con la rete dei sindaci, con Antonio Decaro in testa, il gruppo neonato social Ebbasta con i suoi oltre 7 mila iscritti e le 300 associazioni e organizzazioni della provincia e della regione che hanno aderito hanno dato vita ad un pomeriggio pieno di vita attraversando le strade e i quartieri più difficili della città.

{}Come si fa a ricomporre o reinventare una concezione politica della felicità, della gioia, dell’amore adeguata ad un tempo di lotta? Sì di lotta, perché contro la mafia, che corrompe il bene comune col controllo e l’assoggettamento, bisogna lottare.

Di fronte all’inaudita arroganza del potere mafioso, invece di lamentarsi per il triste destino di declino o di macerarsi nella depressione, la risposta più adeguata è esserci e ridere. Ed è quello che si sentiva al Candelaro, a Via San Severo, a Borgo Croci: non tutti si sono lasciati contaminare, in quei quartieri la partecipazione è stata bassa, è vero, ma tanti hanno percepito la gioia della bellezza. È un primo passo.

Nel dopo manifestazione, Libera ha subito fissato il prossimo passo: “Foggia, città demafiosizzata”.

Foggia ci mette la faccia e con #Libera e #DonCiotti dice no a tutte le mafie. Lo Stato è presente con la passione coinvolgente. Bella la risposta della città e della provincia, tanti giovani e tanto ceto medio, poche le persone che vivono la Foggia del disagio e dei quartieri. Questo deve essere un elemento di riflessione, se non creiamo un’antimafia sociale con progetti di inclusione, se non sperimentiamo zone di vantaggio per un minimo di occupazione nei quartieri, sarà  molto dura vincere l’illegalità.

Ma occorre anche non dimenticare le parole pronunciate contro la mafia, come hanno detto sul palco i giovani Giorgia, Maja, Francesco ed Edoardo, “il disfattismo scoraggiante ha ceduto il passo alla “esplosione di umanità”.

Noi abbiamo perso un padre, ma lui non ha visto più nulla della nostra vita. Ci siamo detti: non è possibile che sta accadendo questo alla nostra città. Io lo sento che il ricordo si sta perdendo per la violenza dell’oggi. – ha detto la figlia di Marcone – Il nostro è un Progetto Foggia, abbiamo bisogno di essere visti.

Arcangela Luciani, una delle due vedove dei fratelli uccisi dalla mafia il 9 agosto del 2017 nelle campagne tra San Marco in Lamis e Apricena, ha commosso i 20mila presenti. “Luigi e Aurelio erano dei bravi ragazzi, semplici ma con una grande umanità. ‘Buongiorno papino’, gli ho detto quella mattina da parte di mio figlio che aveva allora 11 mesi. Avevo paura ma non permetto più alle mie paure di abbassare la testa e di accettare l’orrore che ci circonda. Questo potrebbe essere il grande cambiamento che tutti quanti aspettiamo da tanto tempo. Io prima del 9 agosto del 2017 non ho fatto niente. Mi limitavo a dire: ‘Poverini’ e sono sempre tornata nel mio piccolo mondo. ‘Tanto ci facciamo gli affari nostri’ dicevo, eppure il 9 agosto la mafia è entrata in casa nostra”.

C’è uno spirito nuovo, bisogna disinnescare la miccia della delega. Siamo venuti per riportare umanità – ha detto don Ciotti nel suo generoso intervento intervallato dai suoi OH- È necessario agire tutti insieme.

“Oh, dobbiamo interrompere la tendenza al lutto prolungato, di quelli che dicono che le cose non cambieranno mai. Le cose cambieranno se anche noi di più facciamo la nostra parte. Mi permetto umilmente di dire che non sono ammesse diserzioni perché questa è una scelta tra le vita e la morte. State attenti anche alle malelingue, che giudicano, che criticano per partito preso.  Se non fa questo tradisce la sua essenza. Non è politica. Mi ha fatto piacere che siate venuti sindaci, starò dalla vostra parte. Ma se non fate la cosa giusta, sarò contro di voi. Bisogna saper distinguere. La politica si lasci guidare dai bisogni delle persone. Vorrei gridare con voi la sicurezza dei diritti, non solo il diritto di sicurezza. Sono 164 anni che parliamo di mafia in Italia. Non possiamo dimenticare i passi in avanti che sono stati fatti. Abbiamo camminato per la vita, c’è un libro che ci dà le istruzioni sul da farsi e si chiama: COSTITUZIONE, per diventare un Paese demafiosizzato”.

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Ci sarà un dopo 10 gennaio? Cosa genererà questa unione politica e umana? Il compito ora è non disperdersi. Ma il coraggio dei singoli appare ora meno isolato.

Nel corteo c’erano anche i due fratelli Vigilante, Luca e Cristian. A loro abbiamo rivolto qualche domanda, perché anche loro sono il seme che ha creato, forse, il cambiamento.

Luca, Cristian, vi aspettavate una tale risposta da parte della collettività?

“Non ci aspettavamo una tale dimensione della manifestazione, anzitutto perché non si immagina mai di trovarsi in queste situazioni, forse perché siamo tutti esausti dei comportamenti mafiosi. La mobilitazione però ha superato qualsiasi nostra aspettativa.”

Pensate che questo 10 gennaio possa essere il punto di svolta per l’imprenditoria e per tutti quelli che non hanno avuto il vostro stesso coraggio nel denunciare?

“Io credo che questo sia forse l’ultima opportunità per vivere in maniera civile, competitiva, per poter generare ricchezza secondo le proprie attitudini imprenditoriali, culturali, sociali.”

Come gruppo avete attivato una raccolta fondi per risarcire quelle famiglie che sono state colpite dalla deflagrazione del vostro Range Rover aziendale. Vi siete sentiti responsabili. La mafia fa arrivare al punto che dei testimoni di giustizia si debbano sentire in colpa per la propria denuncia e per la propria onestà al cospetto dei vicini, dei conoscenti. È normale?

“Più che un senso di colpa, vogliamo guardare negli occhi quelle persone, che hanno dedicato tutta una vita per acquistare la loro casa, per crearsi un focolare privato dignitoso. Al di là del senso di colpa, sentivamo di dover fare qualcosa rapidamente, quindi ci siamo sentiti di attivarci, posto che ci sono altri strumenti a loro favore. Potrebbero accedere direttamente ai fondi ministeriali per questi episodi, però noi vogliamo fare la nostra parte.”

Qual è stato il messaggio più bello che avete ricevuto in questi giorni?

“Anzitutto questo di oggi con la manifestazione promossa da Libera, che davvero si sente nella pelle. Il messaggio di tutti, di tanta gente. E poi quello delle istituzioni, che sono state attente. Il Prefetto è stato attento a tutte le circostanze.”

#FoggiaLiberaFoggia, in 20mila per le strade, la libertà dalla mafia “si sente nella pelle”
N. Miglio- F. Gammarota 2^I