di GIUSEPPE GARGANO – Anche quest’anno ho partecipato alla IV edizione del premio letterario internazionale “Altamura Demos 2019”, vincendo nella sezione poesia in italiano con la poesia intitolata:
“Fiori di Cemento”
Siamo fiori color cobalto,
riflettiamo la sfera celeste, ci lasciamo trasportare da un vento caldo.
Siamo la meraviglia in un assolo, in un accordo di un mondo totalmente sordo Eppure ne coloriamo il bordo.
Siamo il ricalco ribelle in un salto di colori travolgenti.
Abbiamo smalto nell’amarci, lucentezza e tinteggi spenti.
Siamo cuori situati in corone di spine.
Un fiume in piena senz’argine perché ci amiamo senza fine.
Riusciamo ad essere cieli radenti con i visi aulenti.
Siamo il sì fermo in occhi concatenati, dei vasi separati comunicanti.
Lucchetti che non hanno paura della ruggine, perché abbracceranno la libertà in mani intrecciate dalla fedeltà.
Siamo luce calda e salda tra le lontane costellazioni,
emozioniamo il cielo bagnandoci con i suoi lucciconi.
Siamo pagine di una storia che non vorrebbe terminare, perché il nostro amore vive nel seminare.
Siamo natura cementata, secca, senza forze ma che si rialza e sfila la dolcezza con una carezza.
Tu sei una musa contornata di foglie dorate, natura morta scavata nel tuo viso come pianto di fuoco in notti siberiane.
Ci percepiamo in un grido, in un boato atomico che distrugge i nostri mondi insonorizzati.
Felici, non sapendo d’ammirare tramonti tagliati.
Alla fine ci siamo scagliati come pietre creando un impatto violento, un amore completo in un cuor colmo di cemento.
Per incominciare ho voluto dare un’idea del contenuto poetico già dal titolo, facendo coesistere dei contrari, riposti soprattutto in sensazioni terrene e non. Ho voluto dar la giusta visibilità e mettere in primo piano “la sfera celeste” come simbolo d’immenso paragonato all’intensità d’amore che un cuore può dare.
Con il verso riflettiamo la sfera celeste, ci lasciamo trasportare da un vento caldo esprimo un messaggio semplice per alcuni, ma credo complicato per un’intera generazione di coppie cioè: ”l’amore è lasciarsi senza una meta da sapere. Anche se buttati in un mondo “sordo” quindi non ascoltatore delle tante emozioni presenti attorno, riusciamo a percepirci perché l’amore non ha barriere e non le vuole, se non imposte da condizioni umane subdole.
L’amore per essere puro deve essere anche ribelle, ecco perché metto in risalto il “ricalco ribelle”, per far sì che l’amore non abbia la sfumatura che il mondo ci mette davanti. Ho voluto dare uno spazio alla fragilità presente in una coppia, che a volte non sa d’aver conosciuto il suo inizio quando concretamente ha già visto la sua fine.
Non è come tutti pensano: la sofferenza in alcune circostanze serve, pur di capire alla fine di restare insieme, perché il futuro non può mostrarsi chiaramente se non ci sono altri occhi a costruirlo con tenerezza, tanta bontà a tal punto da dare al mondo una nuova vita. E a volte si può essere così fedeli, così fermi anche se lontani, perché l’amore colpisce alla cieca e nello stesso modo può trovarsi nel buio dei suoi giorni senza passione. Si è completi solo se si ha tutto in amore? Non sempre, perché si può essere felici anche con difetti corrisposti, e se si vuole, la tenerezza può concentrarsi anche in cuor colmo unicamente di cemento.