a cura di Mattia Cammarelle, Giulia Neri, Sanli Pesaran – classe I/D – scuola Secondaria di I grado –
C’era una volta, in un regno caldo d’Arabia, tra i deserti silenziosi e i mari limpidi, una principessa di nome Zaya che viveva in una corte sontuosa. Questa era una ragazza bellissima: aveva capelli neri come l’inchiostro e due occhioni color nocciola molto curiosi. Sin da quando era piccola era molto intelligente: sapeva leggere e scrivere testi e poesie meravigliose. L’unica pecca della sua vita era che non poteva uscire dalla corte perchè i suoi genitori tenevano molto a lei essendo la loro unica figlia e quindi non volevano che le sofferenze della vita la colpissero. Di questo la principessa era molto triste e l’unica cosa che la consolava era suonare la sua arpa. La sapeva suonare in modo eccellente: tutti coloro che sentivano le sue melodie ne restavano stupite. Un giorno la principessa si stufò della reclusione nella corte, allora prese tutto lo stretto necessario e se ne andò via a scoprire quello che si era perso per tutti quei anni. Prese il cammino e non si fermò più. Attraversò steppe illuminate, boschi freddi, spiagge insabbiate… affrontò ogni difficoltà con dedizione e coraggio. Incontrò differenti culture e ne imparò le loro tradizioni. Tutto ciò che vedeva lo appuntava nel suo diario rivestito di cuoio. In tanto, nel suo paese natale, la situazione era nella confusione più totale: tutti stavano cercando la ragazza disperatamente. Zaya, allo scuro di tutto ciò, proseguiva il suo cammino in pace e serenità. Dopo mesi di viaggio, la fanciulla giunse in una cittadina ricoperta dal verde e dal clima mite: questa era Municipium. Era una cittadina colma di strade in pietra e case in legno e in roccia. La fanciulla non aveva mai visto nulla del genere: era meravigliso! Allora prese la sua penna d’oca e iniziò a scrivere tutto ciò che vedeva:
“Caro diario, i miei occhi sono illuminati dalle meraviglie del posto.. Sono in una città chiamata “Municipium”. In questo posto i bambini ridono e giocano, le donne chiacchierano tra di loro e puliscono i tessuti creati da loro, gli uomini lavorano i metalli e creano splendide opere in legno. Che dire è un luogo molto vivace, pieno di sfumature di colori… Un altro particolare che ho notato è una grande fortezza in pietra sul colle piu’ alto della città . Credo che in questo luogo ci passerò molto tempo.” La ragazza dopo aver scritto nel suo diario, estrasse dalla sua sacca la sua arpa e iniziò a suonarla. Un mucchietto di gente si era raggruppata intorno a lei ad ascoltarla. Erano affascinati dalla sua musica. I mesi passavano e la principessa rimase nella città. Dopo qualche tempo si iniziò a diffondere la notizia che una guerra stava per incominciare: si diceva che gli Ottomanni avevano dichiarato Guerra per Municipium e che volevano distruggere la loro Rocca. La fanciulla non sapeva cosa fosse una guerra e quindi era avvolta nel mistero e nelle sue incertezze. Per dar sfogo a quel che pensava incominciò a scrivere nel diario:
“Caro diario, sono avvolta nel terrore… ultimamente si parla di una presunta guerra nel nostro territorio. Sinceramente non so che sia, ma dalle urla della gente, non sembrerebbe nulla di buono.” Le notizie non mentivano, quindi i soldati della Rocca iniziarono a prepararsi all’attacco: crearono armi, armature, macchine da guerra e così via. La guerra iniziò e risultò piuttosto sanguinosa e violenta. La ragazza era impaurita e quindi con le sue lacrime scrisse qualche frase sul diario:
“Non ho mai avuto così tanta paura… sento le urla di migliaia di soldati, per ora l’unica cosa che mi aiuta è la mia arpa.”
Gli Ottomanni fecero di tutto per vincere la battaglia, ma non ci riuscirono. Il re decise di arrestare tutte le popolazioni Ottomanne ancora presenti nel territorio. La fanciulla non era ottomanna, ma essendo delle vicinanze la arrestarono, credendo che fosse parte del nemico. La presero con forza e la portarono nelle segrete della Rocca.
Percorsero il sentiero in salita verso l’edificio. La ragazza aveva i suoi due polsi legati l’uno contro l’altro. Il cammino durò un quarto d’ora tra impetuose salite verso il Colle Asio. La Rocca si presentava fatta in pietra rosa. Aveva una forma rettangolare e delle torri angolari per avvistare il nemico. Queste era circoncisa da mura imponenti che la collegavano a una seconda rocca. A un certo punto c’era un portone gigantesco. Mentre portavano la ragazza all’interno della struttura, Zaya notò un vasto giardino ed in seguito un cortile interno. Percorrendo delle scale dalla forma irregolare, la prigioniera giunse in un passaggio sotterraneo umido e freddo. Guardandosi attorno vedeva delle celle in metallo, con all’interno anziani, donne e uomini di qualunque età e bambini impauriti con gli occhi lucidi. La principessa venne incarcerata nell’ultima cella a destra del corridoio. Le guardie lasciarono a lei gli oggetti che aveva con se: la sua sacca con all’interno l’arpa e il diario. La ragazza era sconvolta, non sapeva cosa fare e quindi riscrisse di nuovo sul suo diario:
“Forse i miei cari avevano ragione… se non fossi mai fuggita altrove dalla mia dimora non mi sarebbe mai accaduto nulla di tutto ciò. Magari potessi avere in questo momento l’aiuto dei miei genitori, ma purtroppo per questa volta non lo avrò.”
Il tempo passava e venne l’ora di dormire. La prigioniera prese una piccola coperta e la pose sotto il suo capo, cercando di poter dormire qualche ora.
Lei si addormentò e fece un sogno in cui c’erano i suoi genitori che le dicevano:” Tesoro, non ti arrendere. Noi siamo stati sempre con te. Adesso esegui quello che ti diciamo e la salvezza arriverà: da domani inizia a suonare il tuo strumento e qualcosa di inaspettato presto accadrà!” Proprio quando la ragazza volle dire a loro qualcosa, la visione sparì. La ragazza si svegliò di colpo e iniziò ad appuntarsi su carta quello che avevano detto I genitori per eseguire gli ordini. Ormai la ragazza era molto più serena e aveva un piano in mente. La mattina arrivò in fretta, e già alle prime luci dell’alba la fanciulla aveva iniziato a suonare le sue splendide melodie. La musica portò ai prigionieri felicità e speranza. Tutto, pian piano, sembrava migliorare. Le melodie non passarono inosservate alle guardie ed ai sudditi, ma loro non dissero nulla visto che la suonatrice non faceva nulla di male. I giorni passarono, ma la nostra protagonista non perse fiducia e continuò a suonare fino a venirle delle ferrite sulle dita. Alla fine, dopo qualche tempo, i sovrani della fortezza iniziarono a innamorarsi della melodia e quindi dissero ai loro sudditi di trovare la provenienza di quel suono e di portaglielo a loro. I servitori cercarono a lungo fino a trovare la fanciulla suonare. Aprirono la cella e la fecero salire. I sovrani la videro e non erano molto felici di vedere una presunta ottomana, ma l’amore per la sua musica vinse su tutti i pregiudizi su di lei. La ragazza suonò e decise di raccontare la sua storia ai due sovrani per farla uscire dalla prigionia. I due, a sentire la sua storia, si sentirono molto in colpa per quello che le avevano fatto. Quindi decisero di mandare una lettera ai suoi genitori per far in modo che i suoi venissero a prenderla. Dopo mesi di viaggio, i cari della figlia giunsero a Municipium e con felicità riabbracciarono loro figlia.