//Festival Tuttestorie 2018/2019 – Incontro con Francoise Dargent, Classe 3^C, Scuola secondaria di Primo grado

Festival Tuttestorie 2018/2019 – Incontro con Francoise Dargent, Classe 3^C, Scuola secondaria di Primo grado

di | 2019-04-14T20:05:22+02:00 14-4-2019 20:03|Alboscuole|0 Commenti
“Mi sono detta, e forse ve lo sarete chiesti anche voi: perché scrivere un libro su un uomo che è morto 25 anni fa? In realtà, per me non è semplicemente una persona del passato, ma si è trattato di riscoprire un eterno adolescente che ha fatto di tutto per diventare ballerino e che ha trascorso la sua vita con l’obiettivo di riuscire ad essere il più grande ballerino del mondo. E così, scrivendo il libro, ho pensato a voi perché per voi, ora, comincia proprio un’età in cui iniziate a riempire i cassetti di tanti sogni, come ha fatto Rudi. E io vi auguro che possiate realizzare i vostri sogni”. Domanda: Quando ha pensato di lavorare a questo libro? Risposta: In effetti, io ci penso da sempre perché sono sempre stata interessata a questo personaggio. Poi è successo che circa sei anni fa ne ho parlato con il mio editore e ho iniziato a scrivere il libro. D.: Le critiche all’Unione Sovietica sono pensieri di Rudi o gliele ha attribuite lei? R.: Quando lui ha lasciato l’Unione Sovietica, ha espresso i suoi pensieri critici, ma non posso dire che quando viveva lì l’abbia fatto realmente. Dalle interviste che in seguito ha rilasciato, si percepisce quale fosse il suo atteggiamento, ma non si può affermare che quando ha vissuto in Unione Sovietica abbia mai espresso queste opinioni. All’epoca tutti i ragazzi dell’età di Rudi erano obbligati ad iscriversi ai Pionieri e al Komsomol, una sorta di regimentazione obbligatoria; in questo, Rudi ha voluto mantenere una sorta di autonomia, di distacco da questa situazione, non partecipando agli incontri, ma questo era un caso del tutto eccezionale. D.: Che cosa l’ha colpita di più della vita di Rudi? R.: È stato il suo modo di battersi fino al momento in cui ha deciso di rimanere in Occidente, perché lui decide di diventare ballerino, quindi comincia a prendere lezioni e ogni volta sembra che ci siano degli ostacoli che non riuscirà a superare. Poi, però ogni volta ce la fa, anche se deve affrontare la prova successiva. Mentre scrivevo, mi sono documentata molto su questo periodo e posso affermare che, in fondo, anche in una situazione estremamente ostile si può riuscire a fare quello che si desidera. D.: Ha mai visitato i luoghi dove Rudi ha vissuto? R.: Non sono mai stata ad Ufa, però ho visto Leningrado, che oggi si chiama San Pietroburgo. E’ sicuramente cambiata molto rispetto all’epoca in cui Nureyev ha vissuto. In più, mi sono documentata attraverso dei video dell’epoca. D.: Secondo lei, Rudolf Nureyev può essere considerato un rivoluzionario? Se sì, perché? R.: “Rivoluzionario” in che senso? D:. “Rivoluzionario” nel senso che ha cambiato il mondo della danza perché con lui i ruoli maschili sono diventati principali. R.: Sì, questo è successo, in un periodo che, però, non corrisponde a quello raccontato nel libro, ma un periodo della vita successivo della vita di Rudolf Nureyev. Lui ha avuto proprio questo ruolo: è riuscito a portare in primo piano il ruolo del ballerino rispetto ad un periodo in cui erano sempre le donne ad avere il ruolo di étoile. Infatti, lui, come avrete capito anche dal libro, voleva stare al centro della scena e per questo faceva in modo che il ballerino non fosse soltanto colui che portava la ballerina in giro sulla scena. Si trova conferma di ciò perché all’Opera di Parigi ci sono ancora in cartellone delle sue coreografie in cui è riservata la parte di bravura al ballerino che può esibirsi in pirouette e jetée. D.: Pensa che il fatto che Rudolf Nureyev fosse omosessuale abbia determinato la sua decisione di restare in Francia? R.: Non saprei, perché lui non ne ha mai parlato apertamente all’epoca in cui aveva deciso di restare in Francia; l’unica cosa importante per lui era poter ballare. È vero anche, però, che all’epoca gli omosessuali in Unione Sovietica venivano puniti e si rischiava addirittura di essere mandati al confino. Nel mondo del balletto in Unione Sovietica, inoltre, c’erano diversi danzatori omosessuali. Comunque, lui non ne ha mai parlato apertamente perché la sua decisione di restare in Occidente è stata più che altro dettata dalla sua decisione di diventare ballerino e di avere successo come tale in Occidente. Nureyev ha fatto di tutto per perseguire i suoi sogni. D.: Lei pensa che anche noi dovremmo fare così? R.: Io penso che sia molto importante tener fede ai propri sogni. Per quanto fosse molto talentuoso, Nureyev ha iniziato a danzare tardi per cui  si è dovuto allenare veramente moltissimo. E pur essendo un bravissimo ballerino, fino in età avanzata ha continuato a prepararsi ogni giorno,  trascorrendo ore alla sbarra. Il talento talvolta non è sufficiente: bisogna lavorare moltissimo. D.: Secondo lei ancora oggi in Russia la libertà è molto limitata? R.: Nel momento in cui Rudolf Nureyev è andato via dall’ Unione Sovietica le libertà erano molto limitate. In seguito c’è stata un’apertura negli anni ’90. Purtroppo, però, da una decina d’anni in Russia le libertà sono di nuovo limitate ed è difficile esprimere un’opinione che sia contraria a quella del premier Putin. Ciò riguarda non sono gli oppositori politici: è un problema più generale di espressione del proprio pensiero. Vi faccio un esempio: quest’anno un regista ha voluto mettere in scena proprio la storia di Rudolf Nureyev, ma, dato che era un artista che aveva lasciato l’Unione Sovietica e visto che si parlava sia dell’abbandono della Russia che della sua omosessualità, in Russia è stato è stato vietato. E ancora: nel caso della letteratura per l’adolescenza e l’infanzia, certi libri non vengono pubblicati se parlano di omosessualità. D.: Secondo lei, se Rudi fosse nato in tempi più vicini a noi, sarebbe rimasto in Russia, oppure avrebbe chiesto comunque asilo politico in Francia? R.: Probabilmente se fosse vissuto in questa epoca sarebbe rimasto. Oggi gli artisti possono lavorare più tranquillamente in Russia. E anche voi l’avete sicuramente notato perché in Italia ci sono spesso degli spettacoli di compagnie di balletto russe. Quindi, anche per loro è più facile uscire dal loro paese per recarsi da noi. D.: Qual è il personaggio del libro che lei preferisce? R.: Mi sono piaciuti molto diversi personaggi che non conoscevo e che ho conosciuto scrivendo il libro. Mi è piaciuta molto Menia che ho avuto la possibilità di incontrare. Oggi Menia è una signora anziana di 75 anni  che dà ancora lezioni di danza a Bruxelles. Lei ha voluto mostrarmi le foto con Nureyev e raccontarmi la sua storia con lui, quando lei era una giovane studentessa. E nonostante siano passati tanti anni, è ancora una bellissima donna. Vi dirò di più: io avevo la sensazione di avere davanti ancora l’adolescente che mi parlava del suo innamoramento per Nureyev. Dunque Menia è il personaggio che ho amato di più. Oltre a lei, ho amato molto anche le prime due insegnanti di Nureyev. D.: Quale genere letterario preferisce e qual è il suo libro preferito? R.: Io leggo un po’ di tutto. A me piacciono le storie molto romanzate. Quando avevo la vostra età, ricordo di essere rimasta molto colpita da un romanzo di Jack London, Martin Eden, che narra la storia di un ragazzo dal carattere simile a quello di Rudi. Martin è molto povero, e cerca, anche lui, di riscattarsi. Comunque, ripeto, non c’era un solo genere che mi piacesse leggere. D.: Quali sono le sue passioni oltre a scrivere? R.: Mi piace molto cucinare e leggere. Quando ero giovane, mi piaceva molto anche la danza. Oggi, se devo dire quali sono le mie occupazioni preferite, confermo che sono leggere, scrivere e cucinare. D.: Le piace la danza? R.: Sì, mi piace la danza. Però io avrei scritto il libro, credo, anche se Rudi non fosse stato un ballerino perché quello che mi interessava raccontare è il suo percorso. Ed è vero anche che, quando ho scritto il libro, alcuni mi hanno fatto osservare che un libro su un ballerino e sulla danza sarebbe piaciuto solo alle ragazze, perché purtroppo ci sono queste idee preconcette su cosa piace ai ragazzi e cosa alle ragazze. Tuttavia, io ho sempre risposto così: “Io non scriverò un libro su un ballerino, ma scriverò un libro su un adolescente che sogna di diventare un grande ballerino”. D.: Visto che nella nostra scuola esiste la redazione del giornalino, L’Occhiolino, ci piacerebbe sapere qualcosa sulla sua esperienza di lavoro come giornalista per i grandi quotidiani. R.: Il lavoro di giornalista è un lavoro che faccio per passione così come Nureyev ha fatto il ballerino per passione. E quando avevo la vostra età, ero molto curiosa e mi interessavo al mondo che mi circondava. Quando si è giornalisti, bisogna interessarsi a tante cose. E bisogna farsi domande, bisogna chiedersi perché le esistono. Penso che sia importante che ci siano dei giovani giornalisti come voi, e forse lo sceglierete come lavoro. E’ importante andare a fondo nella ricerca delle informazioni perché, come avete potuto constatare anche voi quando mi avete parlato della ricerca che avete fatto su Wikipedia a proposito dei dati biografici di Nureyev, oggi si possono avere molte informazioni su Internet, ma non tutto quello che c’è su Internet è vero. E il giornalista deve risalire alla fonte dell’informazione, deve verificare la fonte, e una volta che l’ha verificata, può valutarne la veridicità. Posso aggiungere che, essendo giornalista, ho voluto scrivere questo libro proprio per trasmettere quello che avevo saputo ai giovani lettori. E ho deciso di farlo sotto forma di romanzo, anche se molto di ciò che ho scritto, l’ho trasmesso da giornalista. D.: Come ha conosciuto Rudi? R.: Quando avevo la vostra età, Rudy era sicuramente il ballerino più conosciuto al mondo. Quindi lo si vedeva molto spesso soprattutto nelle riviste oppure nei balletti che venivano trasmessi in tv. Così, ho seguito ciò che faceva. Sfortunatamente, non ho avuto la possibilità di vederlo esibirsi sulla scena né di incontrarlo personalmente. Ma, per scrivere questo libro, ho contattato delle persone che l’hanno conosciuto. E certamente, non ho pensato a lui tutto il tempo, però a un certo punto mi sono resa conto che la sua adolescenza è stata davvero incredibile e quindi, in un certo senso, il pensiero di Rudi non mi ha mai abbandonato veramente, anzi mi ha accompagnato tutta la vita D.: Lei ha scritto altri libri. Quale l’ha soddisfatta di più e perché? R.: Sicuramente “La scelta di Rudy”, perché è il personaggio a cui sono più legata. Anche il fatto che abbia avuto una vita molto movimentata, a tratti drammatica, ha inciso. Di conseguenza, sono stata molto trasportata nello scrivere il libro. Ho scritto altri due romanzi biografici. La prima storia che ho scritto è “Mon ami jappeloup”, la storia di un cavallerizzo che mi ha chiesto di raccontare la sua vita ai ragazzi. L’ho scritta quindi a quattro mani. Il terzo libro che ho scritto è “Agatha”, un libro su Agatha Christie che racconta l’adolescenza della grande scrittrice. È stato molto interessante ugualmente scriverlo, anche se la vita di Agatha Christie è stata più tranquilla. E quindi davvero il libro che più mi ha appassionato con emozioni forti e mi ha coinvolto è stato “La scelta di Rudi”. Posso aggiungere che me lo sono riletto e ancora una volta mi sono emozionata. D.: In quanto tempo ha scritto il libro? R.: Più o meno un anno. Ciò che ha richiesto più tempo non è stato scrivere, ma documentarmi. E incontrare delle persone, fare delle interviste. Una volta che ho raccolto tutte queste informazioni, ho potuto iniziare a scrivere. La vera e propria scrittura del libro è durata quattro mesi, tenendo conto che l’ho fatto durante le vacanze e nei fine settimana. D.: Perché ha deciso di partecipare a questo festival? R.: Perché mi piace moltissimo l’Italia. E anche perché ero impaziente di incontrare giovani studenti italiani e di sapere come avevano accolto il mio libro. E in più questo festival raccoglie molti ragazzi, molti scrittori e credo che sia molto interessante incontrare le persone soprattutto quando sono di un altro paese. E trovo che gli adolescenti italiani facciano delle domande ottime, molto interessanti. D.: C’è un evento particolare che l’ha ispirata per questo libro? R.: No, penso che sia difficile trovare un momento preciso. Non è che mi alzo alla mattina e decido di andare a scrivere un libro su Rudolf Nureyev. Come dicevo prima, lui mi ha un po’ accompagnato durante tutta la mia vita. A volte era un po’ più distante, a volte era un po’ più vicino. E a un certo punto ho raccolto molte informazioni su di lui e, dopo aver scritto il mio primo libro, di cui vi ho parlato prima, avevo preso gusto a scrivere qualche cosa che non fosse un semplice articolo di giornale. Mi era piaciuto, in effetti, raccontare una storia. Ed è lì che la storia di Rudy è ritornata come un ritornello in testa. E lì mi sono detta che avrei potuto scrivere la storia di Rudolf Nureyev. Penso che tutti abbiamo molte storie in testa che girano e un certo punto una di queste arriva più prepotente, si ferma e chiede di essere scritta. D.:  Se lei avesse un sogno da realizzare, farebbe di tutto per realizzarlo ad ogni costo, esattamente come ho fatto Rudi? R.: Non ho un sogno così grande come quello di Rudi, anzitutto perché non ho più la sua età, ma, se devo pensare alla mia vita presente, sicuramente mi piacerebbe continuare a scrivere, incontrare i miei lettori viaggiare tantissimo, e quindi sì, in un certo senso farei di tutto per continuare a realizzare questo mio sogno. D.: Perché, secondo lei, il sogno di Rudi è danzare? R.: Diceva sempre che la prima volta che aveva visto qualcuno danzare aveva quattro anni. Era successo durante la guerra e, quindi, il padre non c’era. La sua famiglia era veramente poverissima, non avevano nemmeno le scarpe, ma la madre di Rudi era riuscita comunque ad avere dei biglietti per andare a vedere il balletto. Rudolf Nureyev ha sempre raccontato che, nel momento in cui aveva visto i ballerini sul palco e quando aveva visto il palcoscenico aprirsi, era rimasto segnato per tutta la vita, anche se lui era piccolissimo, aveva appena quattro anni. Possiamo aggiungere che all’epoca, in Unione Sovietica, le persone ascoltavano molto la radio che trasmetteva moltissima musica classica. E questo gli ha permesso di rendersi conto dei suoi interessi, dei suoi sogni e di diventare un bravo ballerino. In più non gli piaceva nemmeno tanto andare a scuola. D.: Nel libro alcuni fatti narrati sono realmente accaduti e altri no? R.: Nel libro ci sono molte vicende realmente accadute. Certo, non avendolo incontrato e non avendo sentito raccontare da lui tutto ciò che io racconto, ho immaginato i dialoghi che lui ha avuto. Quindi, a volte ho dovuto per forza cambiare la realtà. Come per esempio, il fatto che abbia introdotto alcuni personaggi che non sono esistiti, ma che mi hanno permesso di raccontare la vera storia. Ma ho cercato per tutto il libro di non tradire la voce di Rudi. E mi sono detta che, avendo avuto molte informazioni, ho potuto restituire quella che è stata la sua adolescenza. Per questo il mio libro può essere definito un romanzo. Classe 3^C, Scuola secondaria di Primo grado