di Leo Caporusso – Non è bastata la morte per fame di Amal, la bambina di sette anni messa in prima pagina dal New York Times e da tante testate giornalistiche di tutto il mondo.
Non è bastato l’atroce omicidio del giornalista Jamal Kashoggi, torturato e fatto a pezzi nel luogo che dovrebbe rappresentare un rifugio sicuro per ogni cittadino: il consolato del proprio paese in terra straniera; quindi omicidio di Stato per eccellenza. Non sono bastate le bugie scandalose, le versioni assurde spacciate per verità dal regime saudita.
Non è bastato il richiamo drammatico del segretario dell’ONU Antonio Guterres, che ha definito quella in atto in Yemen “la più grande catastrofe umanitaria del mondo”.
Non sono bastate cinque risoluzioni del Parlamento Europeo, che da tre anni continua a chiedere ai governi di fermare la vendita di armi all’Arabia Saudita, che le usa poi contro la popolazione yemenita.
Il motivo è uno, e uno solo: nessuno vuole rinunciare ai soldi della petromonarchia araba, il più oscurantista Stato del mondo, feroce avversario dei diritti umani, a partire dai diritti delle donne.
Forse la sola Germania darà seguito all’annuncio fatto da Angela Merkel di non procedere a nuovi contratti di forniture belliche (ma non si rinuncia a quelli già stipulati, e una dichiarazione, per quanto ufficiale, non è ancora un impegno).
Per questo motivo noi chiediamo che, almeno per una volta, sia l’Italia a dare l’esempio, rinunciando ai soldi maledetti incassati per vendere la morte, a partire dalla bombe prodotte in Sardegna dalla partecipata tedesca RWM, che ha sede a Brescia. E chiediamo di farlo nelle prossime settimane, con una discussione e un voto in Parlamento che blocchi la fornitura delle armi prodotte in Italia all’ Arabia Saudita.
Chiediamo su questo
l’impegno delle associazioni, della società civile, e di TUTTI i parlamentari, per superare, per una volta, in nome di un bene più grande, gli steccati, le tattiche, le logiche di appartenenza e di potere.
Non permettiamo a noi stessi e a chi ci rappresenta di arrivare a celebrare il Natale lucrando sulla morte di tante persone innocenti. Lasciamo che lo sguardo di Amal (che in arabo significa “speranza”) ci interroghi, e non consenta di voltarci dall’altra parte, non ci permetta di continuare a giustificare, col nostro silenzio, con la nostra passività, l’oscena priorità data dal mondo politico al denaro, nascondendola dietro al “realismo”, e accompagnata magari da un “purtroppo”, la più facile delle autoassoluzioni ipocrite.
Possiamo e dobbiamo ottenere questa piccola grande vittoria; e possiamo e dobbiamo farlo ORA.