di CAMILLA PARRANO – Durante il secondo anno di liceo, ho deciso di voler cominciare l’anno seguente all’estero e così è stato. Ho frequentato i primi cinque mesi del terzo anno, da settembre 2018 a gennaio 2019, in Canada, in una cittadina a qualche chilometro da Vancouver sulla costa del Pacifico. Lì frequentavo una scuola pubblica in lingua inglese dove ogni alunno sceglieva il proprio corso di studi, in base alle attività che avrebbe voluto svolgere. Prima di partire, il mio istituto mi ha assegnato una docente tutor con la quale comunicavo via mail e che mi teneva aggiornata sui programmi da seguire in modo da essere in pari con i miei compagni di Montefiascone. Durante il mio soggiorno in Canada sono stata ospitata da una famiglia, chiamata “host family”, che per i mesi di permanenza si sarebbe comportata come una seconda famiglia.
La mia host family era composta da quattro persone, madre, padre e due bambine di dieci e tredici anni. Sono sempre stati carini con me e mi hanno fatto sentire parte della famiglia. Spesso mi permettevano di visitare i luoghi che volevo ed è stato piacevole vivere con loro. E’ stata un’esperienza che sicuramente mi ha cambiato come persona, sono stati cinque mesi fondamentali per la mia crescita personale in quanto ho imparato non solo la lingua, ma anche come comportarmi in situazioni che prima d’ora non avevo mai affrontato, o come rapportarmi con persone appartenenti a culture diverse, imparando qualcosa da loro. Infatti, non ho avuto a che fare solo con le persone del posto, ma anche con studenti provenienti da altre parti del mondo, partecipanti al mio stesso progetto, con i quali è stato più semplice instaurare subito delle amicizie, ma col tempo sono riuscita a legare anche con gli studenti del posto.
Ovviamente, per quanto positiva sia stata questa esperienza e per quanto se potessi tornare indietro nel tempo la rifarei ancora cento volte, ci sono state anche delle difficoltà, come doversi abituare a vivere in casa con degli sconosciuti, esprimersi in una lingua non mia e la difficoltà nel comunicare con la mia famiglia in Italia a causa delle nove ore di fuso orario che ci separavano. Fortunatamente sono stati tutte situazioni risolvibili e nel giro di un mese la lingua e l’ambientamento con la famiglia sono diventati l’ultimo dei miei problemi. Rimaneva solo la nostalgia di casa, delle persone care e delle mie abitudini, ma sapevo che avrei dovuto godermi questa esperienza fino in fondo, non lasciandomi frenare dalla tristezza perché tutto quello che stavi vivendo sarebbe stato irripetibile mentre la mia vita in Italia sarebbe rimasta lì ad aspettarmi.