di Giorgia Sergio –
Emily Wilding Davison, una Donna con la “D” maiuscola, una delle poche e coraggiose attiviste inglesi che lotta con tutta se stessa per l’emancipazione femminile partecipando, a fine ‘800, ai moti femministi delle suffragette.
Nata a Londra l’11 ottobre del 1872, si dimostra subito devota allo studio, tanto da frequentare un college, che ben presto deve però lasciare per problemi economici, per iniziare poi a lavorare come insegnante e a studiare ad Oxford. Qui però, non potrà laurearsi, perché a quel tempo il diritto all’istruzione era quasi del tutto precluso alle donne.
Una donna, dunque, dalla mente brillante che, nel 1906, si iscrive nella Women’s Social and Political Union (WSPU), un’organizzazione militante per il suffragio femminile, fondata da Emmeline Pankhurst. Una vita, la sua, non facile: viene infatti più volte incarcerata per vari reati e sottoposta all’alimentazione forzata. Era un tipo di tortura molto utilizzata nelle carceri del tempo in caso di sciopero della fame, strumento utilizzato dalle suffragiste non solo per uscire dalla prigione più velocemente, ma anche come mezzo di affermazione della propria soggettività e rifiuto dei ruoli di genere imposti.
Emily ha così tanto coraggio che, in ricorrenza del censimento del 1911, si nasconde nell’armadio del Palazzo di Westminster, per poter indicare sul modulo che quella notte lei era stata nella Camera dei Comuni, vietata alle donne.
Un gesto di cui ancora oggi si conserva memoria nelle parole incise su una targa posta sullo stesso armadio: “Questo è il modesto tributo ad una grande donna che si è dedicata ad una grande causa, che non ha vissuto abbastanza per vederla realizzata, ma che ha avuto un ruolo importante nel renderla possibile”. Citazione, a mio parere, vera, seppur da un certo punto di vista malinconica, se penso alla tragica morte di questa suffragetta.
Emily, infatti, muore il 4 giugno 1913, durante il derby di galoppo di Epson mentre, in un gesto estremo, di disperato eroismo, cercava di attaccare la bandiera suffragista alle briglie del cavallo del re Giorgio V.
Il suo un esempio imperituro di libertà, coraggio e speranza.
L’immagine rappresenta Emily Davison (volto a mosaico sito presso il Parco Tafuro di Lecce, sul muro della ferrovia, insieme a quelli di altre sei donne simbolo di libertà e speranza: Lady Diana, Liliana Segre, Daniela Carrasco, Franca Viola, Yusuf Omar, Clara Woods).