di Alessia Malinconico-
È un normalissimo giorno di scuola ed è appena terminata l’ora di matematica. Come sempre, al cambio d’ora, tutti iniziano a parlare fra di loro e a creare confusione nell’aula, ma ci sono due persone che, invece di svagarsi con gli altri, vengono da me, la “strana” della classe.
Mi definiscono strana perché me ne sto sempre in disparte, non mi piace il rumore e, al posto di fare confusione insieme a tutti gli altri, preferisco stare al mio banco da sola. Queste due persone sono Giulia e Martina, due amiche che, non si sa perché, mi hanno preso di mira. Vengono sempre da me per insultarmi o per chiedermi di copiare i compiti, anche se la maggior parte delle volte fanno entrambe le cose. “Sbrigati! Dammi i compiti d’italiano, devo copiarli” mi sussurra Martina. Io esito un po’ a rispondere perché non so cosa dire; ogni volta lo sguardo gelido di Martina riesce a pietrificarmi e la sua voce irritante mi fa venire il nervoso, questo nervoso però resta bloccato lì, dentro di me, e non riesce a uscire fuori. Vorrei tanto dirle qualcosa, ma ho un nodo in gola che non mi fa pronunciare una singola parola. “Allora, ti sbrighi? Ma quanto ci metti?” non riesco a fare altro se non rimanere lì sulla sedia a fissarla terrorizzata; è come se il mio corpo fosse immobilizzato. Martina non aveva neanche finito di parlare che già vedo Giulia afferrare con le sue unghie somiglianti ad artigli la cerniera del mio zaino, prendere il mio quaderno d’italiano e consegnarlo sorridente all’amica. Poi, entrambe si vanno a sedere ai loro banchi vicini, ridendo allegramente e soddisfatte della loro “missione”. Appena entra la professoressa loro, come al solito, sono le prime ad alzarsi in piedi per accoglierla con un caloroso buongiorno, sono infatti le alunne modello per qualsiasi insegnante: sempre sorridenti, allegre, educate, gentili, altruiste e generose. Ma, in realtà, gli adulti non sanno che, quando non le vedono, diventano aggressive, prepotenti e vanitose, soprattutto con me… È arrivato il momento di correggere i compiti. La professoressa, passando tra i banchi, si accorge che Martina ha fatto solo i primi due esercizi, due di otto che erano da fare sul quaderno. Questo perché ovviamente non aveva finito di copiare il mio lavoro. “Martina, hai fatto solo i primi due… Come mai?”. Martina diventa rossa e mi guarda con occhi da cui sembrano uscire fiamme, nonostante il loro colore azzurro chiaro e delicato. Come sempre lei farà tutto il possibile per far sì che la colpa ricada su di me: “Ehm… È stata lei” dice Martina indicandomi. “Io non avevo i compiti e li ho chiesti a lei, ma lei mi ha risposto dicendomi che erano da fare solo i primi due!” Lo sguardo di tutta la classe è su di me, compreso quello della professoressa che mi chiede: “È vero? Sei stata tu a dirglielo?”.
Io non posso dire di no, chissà come si vendicherebbero Giulia e Martina, mi farebbero a pezzettini. Posso solo annuire lentamente, rimanendo immobile con il resto del corpo, come se fossi intrappolata in un blocco di ghiaccio con solo la testa libera. “Mi dispiace… Ora avrai una nota, non si fa così!” risponde con tono triste l’insegnante. Passa circa mezz’ora e la professoressa va in bagno allontanandosi solo per due minuti. Questa per Martina è l’occasione buona per venire a dirmene quattro. Si avvicina con passo veloce sbattendo i piedi a terra e guardandomi con l’aria infuriata: “Mi hai fatta rimproverare, stupida! Se mi avessi dato i compiti subito sarei riuscita a finirli! La prossima volta che succede una cosa del genere giuro che ti uccido!”. Stranamente, dopo quella frase, il nodo in gola si scioglie un po’ e mi escono due parole contate, ma almeno riesco a chiederle: “Ma tu… sei… una bulla?- la mia voce trema e ci mette un po’ a finire la frase. “Ma che c’entra ora? E’ ovvio che lo sono”. “Perché?” – Le chiedo sommessamente. “Perché è divertente no? E poi il perché non lo devo dire mica a te!”. Così dicendo se ne va, sbattendo sempre i piedi, ma questa volta più forte. Sono fiera di me, anche se non ho detto molto, almeno qualche parola dalla bocca mi è uscita. Ad ogni modo non sono convinta che il vero motivo sia quello che lei mi ha riferito; l’unica cosa certa è che quando si subisce un atto di bullismo è necessario assolutamente parlarne e so benissimo che non è affatto facile… Io ho cercato di comunicare il mio disagio ad insegnanti e genitori e tutti mi hanno aiutata. La situazione, tuttavia, non è ancora risolta ma, almeno, ho avuto il coraggio di fare un primo passo.