di alunni della classe terza B (Scuola Secondaria di primo grado) Nel mondo ci sono più di 150 milioni di bambini che sono intrappolati in impieghi che mettono a rischio la loro salute mentale, fisica; sono condannati ad una vita senza svago e istruzione. Tale fenomeno è concentrato nelle aree più povere del pianeta, ma ci sono bambini lavoratori anche nelle aree marginali del nord del mondo. L’Unicef considera la differenza tra CHILD LABOUR e CHILDREN’S WORK: la prima situazione riguarda lo sfruttamento in condizioni nocive per il benessere psico-fisico del bambino, mentre l’altra situazione riguarda una forma di attività economica più leggera, tale da non pregiudicare l’istruzione e la salute del minore.
In Pakistan l’88% dei lavoratori era costituito da ragazzi/e sotto i quindici anni. Questa percentuale è molto diminuita grazie alle molte proteste svolte per i diritti dei bambini e alle denunce di un giovane ragazzo. Iqbal Masih, nato nel 1984, entrò a far parte di questa realtà a soli 4 anni perché venduto dal padre ad un fabbricante di tappeti per 12 dollari. Era, per lui, l’inizio di una schiavitù senza fine: gli interessi del “prestito” ottenuto in cambio del suo lavoro cresceva sempre più. Picchiato, sgridato e incatenato al telaio, Iqbal lavorava per 10 ore al giorno. Tanti bambini piccoli come lui venivano sfruttati per le loro piccole mani, per i loro piccoli salari e per la semplicità nel dare punizioni. Nel 1992 Iqbal scappò dalla fabbrica e durante la manifestazione della giornata della libertà organizzata dall’associazione Fronte di Liberazione dal Lavoro Schiavizzato (BLLF) sentì, per la prima volta, parlare di diritti, di bambini che vivono in condizione di schiavitù e decise di raccontare a tutti la sua storia. Ullah Khac, leader sindacalista, lo guidò verso una nuova vita e Iqbal cominciò a raccontare tutto ai giornalisti ed entrò nei teleschermi di tutto il mondo diventando il portavoce ed il simbolo dei bambini lavoratori. “Non ho più paura di lui” disse riferendosi al padrone “è lui che ha paura di me, di noi, della nostra ribellione”. Iqbal cominciò a studiare: sarebbe potuto diventare avvocato, se il 16 aprile 1995, domenica di Pasqua, non gli avessero sparato mentre correva in bicicletta. Aveva 12 anni. I suoi assassini sono ancora liberi, il giornalista che ne ha raccontato la storia è accusato di aver danneggiato il commercio estero della nazione.
Grazie a bambini come Iqbal, oggi nel mondo si stanno realizzando moltissimi progressi sociali, ma la strada per la giustizia e la libertà è ancora lunga. Anche noi possiamo dare il nostro piccolo contributo per la soluzione di questo problema acquistando, ad esempio, cibi e prodotti equosolidali. Tali prodotti non derivano dallo sfruttamento minorile. L’aiuto di ogni singolo individuo è importante per garantire un futuro migliore a tutti i bambini vittime di questo grave fatto. Lo sfruttamento minorile è una violazione dei diritti del bambino che invece di lavorare dovrebbe essere istruito e vivere una “vera infanzia”.
Esiste anche il fenomeno dei bambini soldato: alcuni minori vengono impiegati in operazioni militari o illegali in molte zone del mondo. Sono spesso sfruttati come vedette, messaggeri e/o spie. In diversi momenti della storia e in molte culture i minori sono stati coinvolti in campagne militari anche quando la morale comune lo riteneva riprovevole. A partite dagli anni settanta sono state firmate numerose convenzioni internazionali allo scopo di limitare la partecipazione dei bambini ai conflitti.
Iqbal disse. “Nessun bambino dovrebbe impugnare mai uno strumento di lavoro. Gli unici strumenti di lavoro che un bambino dovrebbe tenere in mano sono penne e matite”. Noi siamo fortunati perché andiamo a scuola, giochiamo, usciamo con gli amici, festeggiamo il compleanno di un amico con un regalo. Tutti dovrebbero “giocare” come noi.