La pasticceria italiana, così come la cucina, è amata e replicata in tutto il mondo. Anche la nostra regione, nello specifico Piedimonte Matese, è ricca di piatti tipici e caratteristici del posto, che sono soliti essere preparati in diverse occasioni speciali, prime fra tutte le feste. Il periodo natalizio, ad esempio, è uno dei principali momenti dell’anno in cui le cucine si riempiono di odori e sapori tradizionali: oggi scopriamo quali sono i principali dolci natalizi campani.
Gli struffoli. Gli struffoli sono il dolce di Natale per eccellenza tipico della tradizione napoletana, forse i più noti e diffusi di tutti. Si tratta di piccole e golose palline di impasto fritte nell’olio, ricoperte di miele caldo e infine decorate con pezzetti di cedro, frutta candita e confettini colorati.
Le zeppole. Deliziose ciambelle fritte ricoperte di miele, confettini dolci e scorzette di arancia. Questo dolce, in origine uno dei primi piatti dello street food italiano, è oggi uno dei dolci tipici della tradizione natalizia.
I mustaccioli. Golosi biscotti dalla forma romboidale, ricoperti da una sfiziosa glassa al cioccolato, vengono preparati in due versioni differenti: una dalla consistenza morbida, l’altra più dura, a seconda dei tempi di cottura. Sono buonissimi a fine pasto o per accompagnare bevande calde.
I susamielli. Un impasto base di farina, zucchero, mandorle, miele e spezie dà vita a dei deliziosi biscotti a forma di “s”, serviti insieme ai mostaccioli e ai rococò.
I rococò. Alla farina, lo zucchero e le mandorle si aggiungono questa volta anche il profumo e l’aroma delle arance e del limone. Il risultato? Croccanti e deliziosi biscotti dalla forma tondeggiante, perfetti da ammorbidire bagnandoli nello spumante o nel limoncello.
Il Sanguinaccio. Dolce tipico partenopeo dalle origini molto antiche, originariamente veniva preparato con il sangue del maiale. Raccolto durante la macellazione, il sangue doveva essere continuamente mescolato per evitarne la coagulazione. Successivamente veniva filtrato prima di essere unito alla crema di cacao cotta in pentoloni di rame su fuochi a legna. Alla crema si aggiungevano, poi, caffè, cacao, cannella, chiodi di garofano, uva passa e altre spezie oltre ad una buona quantità di zucchero per addolcire il tutto.
Le castagnole. Dolce tipico carnevalesco. La sua ricetta è molto semplice e gli ingredienti principali sono: uova, zucchero, farina e burro, spesso vengono servite con zucchero a velo. La ricetta delle castagnole è sicuramente molto antica: è stato ritrovato nell’archivio di stato di Viterbo un volume manoscritto del Settecento in cui sono descritte ben quattro ricette di castagnole, di cui una prevede la cottura al forno, e quindi adottata recentemente nell’intento di rendere il dolce più leggero, come spesso si chiede.
Taralli di San Biagio. Dolcetti adatti per la prima colazione. La tradizione prevede che il giorno 3 febbraio nelle chiese si regalano ai fedeli dopo la famosa benedizione della gola. I taralli di San Biagio possono essere creati nella versione dolce o salata, ciò che davvero conta è che siano benedetti durante la Messa in occasione della festività del Santo.
La pastiera. Secondo la leggenda nacque dal culto della sirena Partenope, ma in realtà furono le suore a inventarla mescolando gli ingredienti simbolo della Resurrezione con i fiori d’arancio del giardino conventuale. Il mito racconta che la sirena Partenope aveva scelto come dimora il Golfo di Napoli da dove si spandeva la sua voce melodiosa e dolcissima. Per ringraziarla si celebrava un misterioso culto durante il quale la popolazione portava alla sirena sette doni: la farina, simbolo di ricchezza; la ricotta, simbolo di abbondanza; le uova, che richiamano la fertilità; il grano cotto nel latte, a simboleggiare la fusione di regno animale e vegetale; i fiori d’arancio, profumo della terra campana; le spezie, omaggio di tutti i popoli; e lo zucchero, per celebrare la dolcezza del canto della sirena. Partenope gradì i doni, ma li mescolò creando questo dolce unico. Riprendendo la tradizione partenopea, la pastiera è diventata un dolce pasquale tipico dell’alto casertano e in particolare di Piedimonte Matese.
Le chiacchiere. Le origini risalgono a quando nell’antica Roma si celebravano i Saturnali, una festa molto simile al Carnevale odierno. Durante questo periodo di banchetti e feste popolari, in cui tutti i canoni sociali venivano ribaltati, uno dei simboli d’eccesso erano le frictilia, dolci fritti nel grasso di maiale, distribuiti alla folla fra le strade della città. Apicio, uno dei più raffinati buongustai dei tempi antichi, descrive così la preparazione delle chiacchiere nel suo “De re coquinaria”: “Frittelle a base di uova e farina di farro tagliate a bocconcini, fritte nello strutto e poi tuffate nel miele”. Bugie in Liguria, cenci in Toscana, frappe a Roma, galani in Veneto, cròstoli in Friuli e chiacchiere nel territorio matesino. Il nome delle chiacchiere di Carnevale varia da regione a regione e in alcuni casi anche da città a città, ma la ricetta è più o meno sempre la stessa. L’impasto è a base di farina, zucchero, burro, uova, c’è poi chi aggiunge del Marsala, chi del vino bianco, chi del Vin Santo, chi ancora della grappa. Le varianti dipendono ovviamente dalle usanze regionali. Un tempo le chiacchiere di Carnevale venivano fritte nello strutto: oggi il grasso animale è stato, nella maggior parte dei casi, sostituito da un più leggero olio di semi.